Il prugnolo, l’altro solstizio estivo del calendario arboreo irlandese

Il prugnolo o l’erica, per festeggiare la luce più lunga dell’anno?

Il prugnolo contende all’erica il privilegio di rappresentare il solstizio d’estate nel calendario arboreo irlandese. Vi ricordate? Ve lo abbiamo anticipato nel precedente articolo, proponendovi l’erica. Questa volta indaghiamo il prugnolo, chiamato anche nerospino, per le sue bacche nero-bluastre. Esso ha dalla sua il fatto che si tratta di un grande arbusto, più simile a un albero della piccola erica. Ma, d’altra parte, godeva di una fama sinistra a causa dei suoi frutti scuri. Per gli antichi celti, infatti, tutto ciò che era nero era simbolo di morte. Con le sue bacche brune, avrebbe potuto essere davvero la misteriosa pianta di Úr, cui fu dedicato il gioioso solstizio estivo?

bacche blu del prugnolo in primo piano

Una pessima fama anche in epoca cristiana

Dopo la conversione dell’Irlanda al cristianesimo, la reputazione del prugnolo – chiamato in lingua irlandese draighneán – ahimè non migliorò. Si diffuse infatti la diceria, comune anche per altre piante, che con i suoi rami spinosi fosse stata intrecciata la corona di spine di Gesù. In breve, divenne una specie da evitare, la cui fioritura fuori stagione presso una fattoria sarebbe stata foriera di un lutto in famiglia. In alcune contee, però, si riteneva che solo i fiori sbocciati la Vigilia di Natale fossero da temere.

Divenne, al contrario, protagonista dei riti del Capodanno. Per proteggere la famiglia, il primo giorno dell’anno si preparava una ghirlanda di prugnolo da appendere sopra il camino. Si teneva esposta sino al Capodanno successivo, quando era bruciata e le sue ceneri venivano raccolte per essere disperse nei campi. Ciò avrebbe garantito un raccolto abbondate e avrebbe tenuto lontani i malefici del diavolo.

ramo con fiori e gemme

Le streghe di Robert Graves

Il poeta Robert Graves, cui dobbiamo proprio il calendario arboreo irlandese, era certo di riconoscere una strega, quando camminava per le strade di un villaggio. Tra le donne che avrebbe incontrato, solo quelle che gli abitanti ritenevano fattucchiere si sarebbero appoggiate a un bastone da passeggio di prugnolo. Questo bastone, in realtà, era la loro bacchetta magica, con cui compiere riti incantatori e riti di morte. Se la presunta strega avesse rivolto la punta del suo bastone verso una ragazza incinta, la malcapitata avrebbe abortito in pochi giorni.

fiori bianchissimi di prugnolo sotto la luna

Sui campi di battaglia

Non solo in Irlanda ma anche in altre Nazioni d’Europa, come la Germania, un tempo era diffusa una convinzione funesta. Si tramandava che il nerospino attecchisse volentieri dove erano state combattute battaglie assai cruente. Perché il sangue dei cadaveri sarebbe stato il nutrimento delle sue radici. In realtà, il prugnolo è un arbusto piuttosto comune, tanto in Europa – dal Mediterraneo alla penisola scandinava – quanto in Nord Africa e in Asia occidentale. Predilige i terreni assolati, nei quali si diffonde in pochi anni formando boscaglie, per la sua facilità di emettere polloni dalle radici a stolone. 

bosco di prugnoli

Una piccola descrizione botanica

Come il “cugino” biancospino, anche il nerospino appartiene alla famiglia delle Rosacee ed è stato classificato come Prunus spinosa L. È il capostipite selvatico di tutti i nostri susini coltivati che ci donano frutti squisiti. Raggiunge un’altezza di 4 metri e i suoi rami intricati e spinosi offrono asilo agli uccelli, permettendo loro di nidificare. Le foglie piccole, lanceolate e dentate, disposte in modo alterno, sono opache sulla pagina superiore e pubescenti su quella inferiore. I fiori sbocciano tra marzo e aprile e spesso precedono la comparsa delle foglie. Sono bianchi, a cinque petali – perché è il numero di petali tipico delle Rosacee – con antere dalla punta rossa. Il frutto si chiama prugnola o susina di macchia ed è una drupa tonda dal colore blu notte, che matura tra settembre e ottobre.

bacche ner bluastre su rami con tenere folglioline verdi

Impieghi fitoterapici del prugnolo

Ci sono studi clinici del XVIII secolo, condotti soprattutto in area tedesca (Kniphof, Willernet e Coste), che avvalorano l’utilizzo della corteccia di prugnolo come febbrifugo. Il suo potere fu messo in relazione con quella della china ma non ci sono, purtroppo, esperimenti più recenti condotti a livello scientifico. La droga medicinale è costituita piuttosto dai fiori e dai frutti. I fiori contengono glicosidi flavonici, composti della cumarina e piccole quantità di acido cianidrico. I frutti, sono composti, invece, da molto tannino, che li rende astringenti, vitamina C, coloranti, acidi organici e zuccheri.

L’infuso di fiori, che si prepara come un tè, ponendo due cucchiai rasi di droga in mezzo litro di acqua bollente, è lassativo, diuretico e depurativo. Giova anche a chi soffre di acne, di foruncolosi, di reumatismi e di gotta. Il decotto di bacche (una manciata per litro d’acqua) si fa bollire per alcuni minuti e si lascia riposare sotto coperchio per un quarto d’ora. È un tonico generale e un buon antidiarroico. Jean Valnet suggerisce il decotto di foglie e corteccia come antidiabetico e antiasmatico.

rami fioriti con fiori bianchi e apertissimi cdi prugnoli in distesa

Altri usi e curiosità

Il prugnolo è pure un’erba tinctoria: la sua corteccia, infatti, che è ricca di tannino, conferisce alle stoffe un bel colore nero brillante, se trattata con sali di ferro. Le foglie tostate sono un succedaneo del tè, dal sapore gradevole. Ma sono soprattutto i suoi frutti asprigni, nei secoli, a essere stati usati per marmellate e liquori. Fra questi, uno dei più celebri e rinomati è la Prunelle de Bourgogne, che si prepara appunto in Borgogna con i noccioli delle prugnole. Il suo gusto è molto simile a quello del kirsch.

Quanto al legno, per le sue venature che vanno dal rosato al bruno rossastro, era impiegato dai mobilieri in piccoli fogli in lavori d’intarsio. Le sue fascine venivano bruciate nei forni a legna per cuocere il pane e dai rami si ricavavano anche le fruste con cui percuotere i condannati. Dal pane al supplizio: il prugnolo, arbusto del solare solstizio d’estate, insieme con l’erica, continua a portarsi appreso inevitabilmente la duplice fama di buono e di cattivo.

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Maura Maffei
Maura Maffei
Maura Maffei è da trent’anni autrice di romanzi storici ambientati in Irlanda, con 17 pubblicazioni all’attivo, in Italia e all’estero: è tra i pochi autori italiani a essere tradotti in gaelico d’Irlanda (“An Fealltóir”, Coisceim, Dublino, 1999). Ha vinto numerosi premi a livello nazionale e internazionale, tra i quali ci tiene a ricordare il primo premio assoluto al 56° Concorso Letterario Internazionale San Domenichino – Città di Massa, con il romanzo “La Sinfonia del Vento” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2017) e il primo premio Sezione Romanzo Storico al Rotary Bormio Contea2019, con il romanzo “Quel che abisso tace” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2019). È a sua volta attualmente membro della Giuria del Premio Letterario “Lorenzo Alessandri”. Il suo romanzo più recente è “Quel che onda divide” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza 2022) che, come il precedente “Quel che abisso tace”, narra ai lettori il dramma degli emigrati italiani nel Regno Unito, dopo la dichiarazione di Mussolini alla Gran Bretagna, e in particolare l’affondamento dell’Arandora Star, avvenuto il 2 luglio 1940, al largo delle coste irlandesi. In questa tragedia morirono da innocenti 446 nostri connazionali internati civili che, purtroppo, a distanza di più di ottant’anni, non sono ancora menzionati sui libri di storia. Ha frequentato il corso di Erboristeria presso la Facoltà di Farmacia di Urbino, conseguendo la massima votazione e la lode. È anche soprano lirico, con un diploma di compimento in Conservatorio. Ama dipingere, ha una vasta collezione di giochi di società e un’altrettanto vasta cineteca. È appassionata di vecchi film di Hollywood, quelli che si giravano tra gli Anni Trenta e gli Anni Sessanta del secolo scorso. Tra i registi di allora, adora Hawks, Leisen e Capra. Mette sempre la famiglia al primo posto, moglie di Paolo dal 1994 e madre di Maria Eloisa.