La betulla, nobile simbolo del primo mese dell’anno

Nell’antico calendario arboreo irlandese, spettava alla betulla il compito di rappresentare il primo mese dell’anno. Seguiva infatti il capodanno, che cadeva il 23 dicembre e che aveva quale simbolo il tasso. Tale mese iniziale si chiamava beith, che in irlandese significa proprio betulla, e veniva indicato con la consonante B. Trattandosi di un mese lunare, cominciava il 24 dicembre e terminava il 20 gennaio.

Albero sacro presso i celti

I celti avevano scelto la betulla perché la consideravano un albero sacro, dominato dalla luna che alla corteccia aveva conferito l’inconfondibile colore argenteo. La ritenevano ispiratrice di idee creative e capace di suggellare la conoscenza. Era la pianta protettrice dell’amore coniugale e della fertilità femminile. Per questo motivo il tetto di una capanna di novelli sposi aveva una copertura di betulla e le culle si costruivano con il suo legno.

albero dibetulla con foglie argentee

In Irlanda, in tempi più recenti

Il legame tra la betulla e la fertilità è rimasto nel salto della scopa. In diverse contee irlandesi c’era infatti la tradizione d’approntare una scopa con rami di betulla, quando si celebrava un matrimonio. Di solito la allestivano i ragazzi del villaggio e andavano a posizionarla in mezzo alla porta d’ingresso, che avrebbero oltrepassato gli sposi. Così, per entrare, avrebbero dovuto saltarla, perché era credenza che una sposa che saltava oltre la betulla avrebbe sicuramente concepito un bimbo entro l’anno.

Il primo giorno di maggio, poi, usava staccarne dagli alberi rametti giovani, decorarli con fiocchi bianchi e rossi e porli sulle porte delle scuderie. Gli irlandesi amano i cavalli e le corse di cavalli: questa decorazione pare tenesse lontana la sfortuna dai purosangue che avrebbero gareggiato. Non solo, teneva lontane persino le streghe e i loro incanti, capaci di frenare il galoppo vittorioso di un destriero.

bosco di betulle

Come la betulla sgominasse le streghe non è tuttavia chiaro, perché si tramanda che fossero di betulla le scope con cui volavano nel cielo. In ogni caso, la betulla veniva infilata anche presso le porte dei pollai, dei porcili e nelle cucine, dove si impastava il pane. La paura era sempre la stessa, temendo che una strega di passaggio facesse un maleficio a maiali, galline e pagnotte!

La betulla e i popoli scandinavi

Nel Nord Europa, la betulla è apprezzata per la sua corteccia, che contiene molta resina e che difficilmente marcisce. Per questo in Svezia e in Norvegia è da sempre materiale da costruzione per le abitazioni. È stata usata in Lapponia per conciare le pelli di renna e per confezionare le suole delle scarpe. Per renderle più resistenti e flessibili, si inserivano placche di corteccia tra due strati di cuoio. Bruciandola e distillandola, i lapponi producevano anche un catrame aromatico, impiegato per trattare un cuoio molto pregiato, detto “cuoio di Russia”. In tempo di carestia, infine, la corteccia fresca grattugiata era mangiata al posto dei cereali e serviva per preparare una sorta di birra.

bosco di betulle con neve e case in Lapponia

La Gallia, Plinio e gli antichi romani

Anche in Gallia, secondo quanto riportato da Plinio, si otteneva già il catrame con la corteccia di Betulla. E le sue fibre, opportunamente lavorate, servivano per intrecciare corde assai resistenti. Tra i romani dell’epoca, invece, l’uso era più limitato: erano di betulla, tuttavia, le verghe che costituivano i fasci dei littori.

Una piccola descrizione botanica

La betulla è un albero che appartiene alla famiglia delle Betulacee ed è presente nelle regioni temperate dell’emisfero boreale in ben 40 specie. Noi abbiamo deciso di fare riferimento alla diffusa Betula alba L. La sua altezza raggiunge i 20 metri e ha bisogno di luce: per questo, forma boschi con piante ben distanziate. Ha il tronco dal caratteristico colore bianco argenteo. Le foglie hanno punta affilata, con margine dentato e con la pagina inferiore verde pallido. I frutti sono acheni e sono muniti di ampie ali.

germogli di betulla

Principi attivi e proprietà fitoterapiche

Le virtù terapeutiche della betulla sono note sin dal Medioevo. Ildegarda di Bingen, la Santa erborista, nel XII secolo ne vantava le proprietà diuretiche e antireumatiche. E, quattro secoli dopo, il Mattioli le riconosceva la capacità di rompere i “sassi” dei reni e della vescica. Riguardo ai principi attivi, sono stati isolati la betulina, ad azione balsamica, la betulalbina, acido betulalbico, resine, tannini, zuccheri, canfora e saponine. La droga è rappresentata dalle foglie, dalla corteccia, dalle gemme e dalla linfa, con differenze d’utilizzo.

Le foglie, infatti, sono un eccellente diuretico, sono depurative e sudorifere. Le gemme decongestionano le ghiandole linfatiche. La corteccia depura ma è pure febbrifuga e digestiva e la linfa giova in caso di sabbia nei reni. In generale, la tisana è indicata a chi soffre ritenzione idrica, gotta, reumatismi, obesità, cellulite, artrite, colesterolo alto e vermi intestinali. Con le foglie si prepara l’infuso, come se fosse un tè: si prendono due cucchiai rasi di droga per mezzo litro d’acqua. Si porta a bollore, si spegne subito e si lascia riposare sotto coperchio per un quarto d’ora. Con la corteccia, al contrario, conviene fare il decotto: sempre due cucchiai rasi di droga per mezzo litro d’acqua, ma prima dell’infusione, occorre bollire per una decina di minuti. In applicazione esterna, il decotto è lenitivo per piaghe e dermatosi.

alberi corteccia di betulla da cui si ricava la linfa

La prodigiosa linfa

A marzo, infine, si raccoglie la linfa di betulla. Segando un ramo di esemplare adulto oppure praticando opportuni fori con un succhiello, se ne ricavano anche più litri al giorno. Questo liquido è dolce e se ne possono prendere alcuni cucchiai al giorno come diuretico, depurativo e antireumatico. Per conservarla, c’è chi la sterilizza come i succhi di frutta. L’alternativa è prepararne una specie di vino che, secondo taluni autori, ricorda nel sapore lo champagne. Si fa fermentare per un mese circa la linfa in una botte chiusa, aggiungendovi miele, uva passita e spezie (chiodi di garofano e cannella). Senza esagerare, perché è comunque alcoolica, è una bevanda gradevole e rinfrescante.

Maura Maffei
Maura Maffei
Maura Maffei è da trent’anni autrice di romanzi storici ambientati in Irlanda, con 17 pubblicazioni all’attivo, in Italia e all’estero: è tra i pochi autori italiani a essere tradotti in gaelico d’Irlanda (“An Fealltóir”, Coisceim, Dublino, 1999). Ha vinto numerosi premi a livello nazionale e internazionale, tra i quali ci tiene a ricordare il primo premio assoluto al 56° Concorso Letterario Internazionale San Domenichino – Città di Massa, con il romanzo “La Sinfonia del Vento” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2017) e il primo premio Sezione Romanzo Storico al Rotary Bormio Contea2019, con il romanzo “Quel che abisso tace” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2019). È a sua volta attualmente membro della Giuria del Premio Letterario “Lorenzo Alessandri”. Il suo romanzo più recente è “Quel che onda divide” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza 2022) che, come il precedente “Quel che abisso tace”, narra ai lettori il dramma degli emigrati italiani nel Regno Unito, dopo la dichiarazione di Mussolini alla Gran Bretagna, e in particolare l’affondamento dell’Arandora Star, avvenuto il 2 luglio 1940, al largo delle coste irlandesi. In questa tragedia morirono da innocenti 446 nostri connazionali internati civili che, purtroppo, a distanza di più di ottant’anni, non sono ancora menzionati sui libri di storia. Ha frequentato il corso di Erboristeria presso la Facoltà di Farmacia di Urbino, conseguendo la massima votazione e la lode. È anche soprano lirico, con un diploma di compimento in Conservatorio. Ama dipingere, ha una vasta collezione di giochi di società e un’altrettanto vasta cineteca. È appassionata di vecchi film di Hollywood, quelli che si giravano tra gli Anni Trenta e gli Anni Sessanta del secolo scorso. Tra i registi di allora, adora Hawks, Leisen e Capra. Mette sempre la famiglia al primo posto, moglie di Paolo dal 1994 e madre di Maria Eloisa.