Giverny, l’ultima ninfea di Claude Monet

Sono felice, Giverny è un luogo splendido per me. Così si esprime Claude Monet su quel paesino alle porte del Vexin e della Normandia. Ed è proprio a Giverny che darà forma al suo universo estetico. Quell’universo che racchiude fiori, alberi e uomini, un microcosmo colorato che respira sulla tela. Vuole dipingere l’aria, cogliere l’inafferrabile: diventerà il padre dell’impressionismo e il maestro dell’effimero.

Monet trascorre qui gli ultimi trent’anni della sua vita. La sua opera consacrerà Giverny e il Vexin nella storia della pittura degli inizi del Novecento.

Vethuil e la Senna

La storia inizia diversi anni prima, a Vetheuil. Nascosto in un’ansa della Senna, nell’estate del 1878, arriva in questo villaggio quasi inaccessibile, un giovane pittore squattrinato. Si immerge subito nell’atmosfera bucolica e suggestiva del luogo puro e incontaminato, lontano dalla folla parigina. Ma, nonostante la bellezza che lo circonda , Monet è molto scoraggiato. Ha bisogno di soldi e dipinge in modo frenetico e velocissimo gli scorci incantevoli dei vicoli che digradano verso la Chantemelle o la Roche Guyon, per sedare quella necessità impellente.

Vetheuil

Ma le tele di Vetheuil sono piene di malinconia. Sua moglie Camilla è gravemente malata e muore un anno dopo. L’inverno che segue la morte di Camilla fa piombare la Senna in un atmosfera quasi siberiana. Monet allora la percorre ogni giorno, sulla sua barca-laboratorio, in un viaggio quasi catartico. La natura si cristallizza in una figura pallida e quasi spettrale. Il ghiaccio è così spesso da poterci camminare sopra. Una nuova fonte d’immagini, sconosciute prima di allora. I famosi quadri del fiume giacciato.

Quei viaggi gli faranno dire: “La Senna, l’ho dipinta per tutta la vita, ad ogni ora. Da Parigi fino al mare. Non me ne sono mai stancato. Per me è sempre nuova”.

Giverny

Distante invece dalla Senna è Giverny. Conta poche strade e trecento anime quando Monet vi ci trasferisce definitivamente e fa di questo borgo la sua casa. Ormai è abbastanza ricco da potersi permettere una sua casa, una vecchia villa che ingrandisce a arreda a suo gusto. La sua camera affaccia su Clos Normand, un giardino che Monet crea a sua immagine. Una sinfonia composta da centinaia di specie di fiori.

Casa e giardino di Monet a Giverny by creative commons

L’obiettivo principale è quello di avere sottomano il soggetto che desidera dipingere. Tutta l’attività di Monet “giardiniere” è il riflesso della sua visione pittorica. Il giardino è trattato come un dipinto, e il dipinto come un giardino. L’occhio del pittore è presente nella stagionalità delle fioriture. Qui si ritrova il senso dello sguardo cromatico sui sodalizi di colori, sulle predominanze a volte dei gialli a volte dei viola. Non si distingue dove finisce il giardino e dove inizia il dipinto.

Lo stagno, il ruscello e i ponti

Se fino a quel momento è la natura a ispirare Monet, da qui in poi è Monet che ispirerà la natura. Nel 1839 ottiene dal prefetto l’autorizzazione per far deviare il corso di un ruscello e creare cosi uno stagno che abbellisce con ninfee. Grande estimatore delle stampe giapponesi, Monet si ispira a quest’ arte per creare paesaggi suggestivi di ponti, acque e riflessi. Lo stagno diventa quasi l’unico soggetto della sua pittura e dà vita a più di 250 tele.

Nelle prime tele si vede ancora la linea d’orizzonte. Poi si arriva alla soluzione estrema. Al ribaltamento dello spazio da orizzontale a verticale. Per rappresentare la superficie dell’acqua in cui si riflette il mondo attraverso lo stagno. C’è una frase bellissima del filosofo Bachelard che dice che lui abbia creato questo luogo perchè il mondo potesse prendere coscienza della sua bellezza.

Le ninfee, ultime e uniche modelle

Il padre dell’impressionismo ora non lavora più per necessità economiche. Lavora per lui stesso, per il piacere della sua pittura. E, a 74 anni, si lancia in un’impresa folle: la realizzazione di due quadri enormi. Pannelli di due metri d’altezza con le ninfee come soggetto. E’ il 1915, sta iniziando la Prima Guerra. Mentre l’Europa crolla, lui crea.

“Ci ho messo un po’ a capire le mie ninfee. Le avevo piantate per puro piacere. E lo ho coltivate senza pensare che le avrei dipinte. Un paesaggio non si costruisce e non si comprende in un giorno. E poi, tutto a un tratto, ho avuto la rivelazione dell’incanto del mio stagno. Ho preso il mio pennello, da allora non ho avuto altri modelli”.

ruscello e cqua con ninfee nella casa di Monet
Il laghetto delle ninfèe nel giardino della casa di Monet by creative commons

Niente nero per Monet!

Claude Monet muore il 5 dicembre 1926 a Giverny con accanto il suo più grande amico: Georges Clemenceau. Quando Clemenceau arriva ai funerali di Monet e vede il drappo funebre nero poggiato sulla bara , lo strappa con decisione e lo sostituisce con un panno fiorito esclamando: “Niente nero per Monet!”

può interessarti leggere anche

Paul Cézanne, forma e colore di un postimpressionista solitario

L’ Impressionismo di Monet , Renoir e Degas: i raccoglitori di emozioni.

Degas, le ballerine e l’Operà. Un delicato equilibrio di movimento

Max Ernst. Pittore di sogni, illusioni e fantastiche visioni.

Giverny, l’ultima ninfea di Claude Monet

Monica Col
Monica Col
Vicedirettore di Zetatielle Magazine e responsabile della sezione Arte. Un lungo passato come cronista de “Il Corriere Rivoli15" e “Luna Nuova”. Ha collaborato alla redazione del “Giornale indipendente di Pianezza", e di vari altri giornali comunali. Premiata in vari concorsi letterari come Piazza Alfieri ( 2018) e Historica ( salone del libro 2019). Cura l’ufficio stampa di Parco Commerciale Dora per la rassegna estiva .Cura dal due anni la promozione della Fondazione Carlo Bossone,. Ha curato per quattro anni l'ufficio stampa del progetto contro la violenza di genere promosso da "Rossoindelebile", e della galleria d’arte “Ambulatorio dell’Arte “. Ha curato l'ufficio stampa e comunicazione del Movimento artistico spontaneo GoArtFactory per tre anni. Ha collaborato come ufficio stampa in determinati eventi del Rotary distretto 2031. Ė Presidente dell 'Associazione di promozione sociale e culturale "Le tre Dimensioni ", che promuove l' arte , la cultura e l'informazione e formazione artistica in collaborazione con le associazioni e istituzioni del territorio. Segue la comunicazione per varie aziende Piemontesi. Dice di sé: “L’arte dello scrivere consiste nel far dimenticare al lettore che ci stiamo servendo di parole. È questo secondo me il significato vero della scrittura. Non parole, ma emozioni. Quando riesci ad arrivare al cuore dei lettori, quando scrivi degli altri ma racconti te stesso, quando racconti il mondo, quando racconti l’uomo. Quando la scrittura non è infilare una parola dietro l’altra in modo armonico, ma creare un’armonia di voci, di sensazioni, di corse attraverso i sentimenti più intensi, attraverso anche la realtà più cruda. Questo per me è il vero significato dello scrivere".