Il vischio, un bacio di cielo nei giorni di Natale

Il vischio, bello, astuto e parassita

Il vischio, così elegante e prezioso, in realtà è un parassita che vive a spese di altre piante. Per essere più precisi, è un semiparassita, perché trae nutrimento sia dalla propria clorofilla, che comunque sintetizza, sia affondando le radici specializzate in un albero ospite. Predilige addossarsi ai meli selvatici, ai salici, ai pioppi e alle querce. E lo fa con un sistema assai ingegnoso: le sue splendide bacche, che hanno rubato il colore a un raggio di luna, rappresentano l’esca.

Gli uccelli, soprattutto i tordi, se ne cibano e inghiottono così anche il seme verde interno, rivestito da una sostanza gelatinosa e appiccicosa. Posandosi poi sui rami degli alberi, essi lasciano cadere sui tronchi sottostanti gli escrementi, che contengono intatto il seme colloso di vischio. In questo modo è molto facile per quest’astuto parassita prendere possesso della pianta ospite. L’unico nemico è rappresentato dalla cinciallegra, che è ghiotta proprio del seme stesso, più che della bacca, e lo rompe con il becco.

il vischio sull'albero
la pianta del vischio aggrappata ad un albero

Dal punto di vista botanico

Il vischio, che deve il nome alla viscosità delle bacche, è stato catalogato come Viscum album L., appartiene alla famiglia delle Lorantacee. È un arbusto dioico dalla tipica ramificazione a forcella, presente in Europa e in Asia. Le piccole dimensioni fanno ritenere un po’ fantasiosa la leggenda che sia stato usato come legno per la croce di Gesù Cristo. Non raggiunge, infatti, il metro d’altezza, è d’esile fusto, eppure in Bretagna continuano a chiamarlo Herbe de la Croix o, in latino, Lignum Sanctae Crucis.

Le foglie sono sempreverdi, piuttosto coriacee, opposte, allungate e obovate. I fiori, che sbocciano tra febbraio e marzo, sono verdognoli, poco appariscenti, posti al termine di ogni ramificazione. Sono riuniti in verticilli che ne contengono da 3 a 5 ciascuno. Le bacche maturano tra settembre e gennaio e sono bianche e semitrasparenti.

Pianta sacra presso i celti

Per le sue caratteristiche, il vischio non poteva che affascinare i popoli antichi. I celti lo consideravano una pianta venuta dal cielo, perché non aveva radici che l’ancorassero al suolo. E per il suo verde brillante in pieno inverno, mentre il resto della natura s’addormenta o muore, lo ritenevano capace di guarire qualsiasi malattia. Plinio il Vecchio, nel I secolo, ci ha tramandato che i druidi di Bretagna lo usavano nei riti religiosi.

Lo sceglievano con attenzione, prediligendo quello che attecchiva sulle querce, in quanto piante altrettanto sacre. Per conservarne le virtù, ne tagliavano i rami con un coltello d’oro e li facevano cadere sopra un telo candido. Se il vischio fosse precipitato a terra, per loro sarebbe stata una maledizione, perché il terreno stesso avrebbe contaminato questa pianta esclusivamente aerea. Arrivavano addirittura a sacrificare una coppia di tori bianchi presso il vischio, pur di renderne ancora più manifesti i poteri.

bacche dl vischio bianche

Una sinistra fama, nella letteratura norrena

Nei cicli norvegesi, invece, il vischio rappresenta la sfortuna, perché legato all’uccisione del dio della luce Balder. La dea Frigg, per proteggerlo, si era fatta giurare da tutti gli elementi della natura che non l’avrebbero mai offeso. Ma si era dimenticata di far giurare il vischio, perché nascosto tra le fronde di un altro albero. Ne aveva approfittato Loki, lo spirito maligno, che aveva dato un dardo di vischio a Höd, divinità cieca, che lanciando a caso il dardo aveva colpito a morte Balder.

Tradizioni d’Irlanda

Senza lasciarsi condizionare dall’influenza degli antichi invasori vichinghi, in Irlanda il vischio è da sempre considerato un simbolo di pace e di ospitalità. Porta da millenni il suggestivo nome gaelico di drualus. Protagonista nei giorni di solstizio, quando streghe, maghi e spiriti dispettosi pare si aggirino per confondere gli uomini, si dice che protegga dagli incantesimi. Basta bruciarlo nel camino perché emani un odore capace di tenere lontano chi ha cattive intenzioni. Inoltre, ardere vischio prima di concludere un affare, dovrebbe essere un augurio di buona fortuna.

A una ragazza innamorata veniva un tempo consigliato di staccare una bacca di vischio e di mangiarla. Dallo stesso ramo avrebbe poi dovuto prendere anche una foglia, cucirsela sul petto, ricamandovi le iniziali dell’amato, nella speranza che lui si accorgesse di lei. Qui, come in altre Nazioni d’origine celtica – ce lo testimonia ancora Plinio – il vischio è sempre stato associato alla fertilità. Se una donna, che non riusciva ad avere figli, coglieva un rametto di vischio e lo teneva indosso, era più facile che finalmente concepisse. Ed è da questa usanza che si è diffuso il natalizio bacio sotto il vischio. Dapprima è stato una promessa di fertilità, tra una coppia di innamorati, e poi, in senso lato, anche di prosperità e buona fortuna.

rami di vischio appesi a travi

Tradizioni di Natale

Ovunque in Europa c’è l’usanza di appendere un rametto di vischio sulla porta e di baciarsi, passandovi sotto, a Natale o a Capodanno. Variano però le strategie. Una delle più simpatiche risale all’inizio dell’Ottocento. È quella dei baci contati: ogni volta che viene dato un bacio, passando sotto il vischio, si stacca una bacca. E quando di bacche non ce ne sono più, non ci saranno nemmeno più baci per i ritardatari. Ai padroni di casa, che hanno esposto il vischio, tocca infine il rito di bruciarlo. Lo faranno il giorno dopo l’Epifania, se preferiscono che i loro ospiti che si sono baciati non convolino a future nozze.

Se invece sperano in un matrimonio tra amici e parenti, lo bruceranno solo quando la data delle nozze sarà annunciata. In questo caso, se il vischio, ardendo, farà una fiamma vivace, seguirà un matrimonio felice. Altrimenti, con una fiamma stentata, ci si dovrà aspettare una vita coniugale un po’ travagliata.

Piccola storia del vischio in fitoterapia

Il primo a sostenerne l’importanza come medicamento fu addirittura Teofrasto, nel IV secolo a. C. Riconobbe a questa specie le proprietà di curare l’itterizia, la gotta, le convulsioni, l’epilessia, le paralisi, i vermi e i bubboni. Tutto ciò fu ribadito da Dioscoride nel I secolo e da Galeno nel II secolo.  Ulteriori conferme arrivarono dai primi studi clinici di Boyle (Oxford, 1644), Colbach (1723) e Lemery (1735). Esperimenti nella terapia di contrasto all’asma furono condotti nel 1747 da Koelderer, nel 1910 da Lesieur e nel 1929 da Schulz. Nel 1838, invece, dopo aver studiato il vischio per un quarto di secolo, Gaultier lo identificava come ipotensivo ad azione ben definita.

In Germania, a partire dal 1917, con esperienze cliniche ufficiali riprese anche nel 1936 e nel 1938, si valutarono le proprietà anticancerogene del vischio. Fraft, nel 1942, dopo averlo testato su animali e su pazienti volontari, giunse alla conclusione che questa terapia arrestava la crescita del tumore. Migliorava inoltre lo stato generale del paziente e ne attenuava il dolore.

la pianta ele bacche del vischio

Principi attivi e impiego domestico

La droga è costituita da foglie e rami teneri. Il vischio contiene viscoflavina, glucoside con proprietà cardiotoniche, viscotossina, di natura proteica, e viscalbina, che è un alcaloide. Ci sono poi colina, acetilcolina, ursone, inosite, mannite, saponine, sali di calcio, potassio, magnesio e vitamina C. L’azione inibente sul cancro è attribuita alla viscotossina. Sono però assolutamente da evitare, in questo caso, le cure fai da te ed è necessario assumere il vischio solo sotto stretto controllo medico.

Quanto alla tisana casalinga, Jean Valnet consigliava di prepararla con uno o due pizzichi di droga per tazza d’acqua. Si porta a bollore, si lascia in infusione per una decina di minuti, come se fosse un tè, e si beve lungo la giornata. Giova in caso ipertensione, emorragie congestive (epistassi e emottisi), convulsioni, epilessia, crisi nervose, emicrania, nefriti, asma, sintomi della menopausa, gotta, prostatismo… L’avvertenza è di assumere il vischio per brevi periodi, per la presenza di alcaloidi: come per altre piante già trattate, ad alte dosi diventa tossico. Nessuna limitazione invece per l’uso esterno: impacchi di decotto di vischio leniscono nevralgie e sciatiche.

E, soprattutto, baci a volontà sotto il vischio, nei giorni sereni del Natale!

Maura Maffei
Maura Maffei
Maura Maffei è da trent’anni autrice di romanzi storici ambientati in Irlanda, con 17 pubblicazioni all’attivo, in Italia e all’estero: è tra i pochi autori italiani a essere tradotti in gaelico d’Irlanda (“An Fealltóir”, Coisceim, Dublino, 1999). Ha vinto numerosi premi a livello nazionale e internazionale, tra i quali ci tiene a ricordare il primo premio assoluto al 56° Concorso Letterario Internazionale San Domenichino – Città di Massa, con il romanzo “La Sinfonia del Vento” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2017) e il primo premio Sezione Romanzo Storico al Rotary Bormio Contea2019, con il romanzo “Quel che abisso tace” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2019). È a sua volta attualmente membro della Giuria del Premio Letterario “Lorenzo Alessandri”. Il suo romanzo più recente è “Quel che onda divide” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza 2022) che, come il precedente “Quel che abisso tace”, narra ai lettori il dramma degli emigrati italiani nel Regno Unito, dopo la dichiarazione di Mussolini alla Gran Bretagna, e in particolare l’affondamento dell’Arandora Star, avvenuto il 2 luglio 1940, al largo delle coste irlandesi. In questa tragedia morirono da innocenti 446 nostri connazionali internati civili che, purtroppo, a distanza di più di ottant’anni, non sono ancora menzionati sui libri di storia. Ha frequentato il corso di Erboristeria presso la Facoltà di Farmacia di Urbino, conseguendo la massima votazione e la lode. È anche soprano lirico, con un diploma di compimento in Conservatorio. Ama dipingere, ha una vasta collezione di giochi di società e un’altrettanto vasta cineteca. È appassionata di vecchi film di Hollywood, quelli che si giravano tra gli Anni Trenta e gli Anni Sessanta del secolo scorso. Tra i registi di allora, adora Hawks, Leisen e Capra. Mette sempre la famiglia al primo posto, moglie di Paolo dal 1994 e madre di Maria Eloisa.