La dura vita del reporter al Festival di Sanremo

Ciao e benvenuti nel caos melodico che è la vita di un reporter al Festival di Sanremo 2024, dove le note musicali si intrecciano con le trame più intricate di gossip!

Essere un reporter qui è come cercare di intervistare una rockstar in mezzo a una folla di fan in delirio, solo che le rockstar sono cantanti italiani e i fan sono giornalisti agguerriti armati di microfoni e domande imprevedibili.

Nel tentativo di navigare attraverso questo mare di paillettes e canzoni, il reporter si trova a dover decifrare le ultime tendenze della moda, cercare di non perdersi tra i titoli scandalistici e, naturalmente, resistere all’irresistibile richiamo delle specialità culinarie locali. Dimenticatevi la dieta, perché qui le calorie non contano quando si tratta di gustare la vera essenza musicale… e le deliziose focacce!

Ma non tutto è rose e fiori (o meglio, rose e note musicali), tra cambi d’abito lampo e la corsa contro il tempo per beccare gli artisti dietro le quinte, il reporter a Sanremo è praticamente un atleta olimpico dell’informazione.

Tuttavia, di fronte a tanto glamour e tanta energia positiva, chi può davvero lamentarsi? È una giungla là fuori, ma a Sanremo, la giungla ha un ritmo accattivante e un tocco di eleganza senza tempo. E ora, avanti con la danza tra notizie e melodie!

Zetatielle Magazine al Festival

Come ormai da anni, io, con i miei articoli, e Tina Rossi, con i suoi click e i suoi articoli, vi racconteremo questa settimana pazza, divertente e piena di adrenalina.

Lo faremo, io e Tina Rossi, in diretta dalla Sala Stampa “Lucio Dalla”, dal roof del Teatro Ariston, in giro per “Casa Sanremo”, e a zonzo per la città, magari con l’aiuto di “collaboratori” presi “on the road”, come capita spesso.

Senza dimenticare le joint venture che nascono spontaneamente in sala stampa, tra colleghi di altre testate, radio e televisioni. Colleghi che nel corso degli anni sono diventati veri amici: personalmente quelle che preferisco e che danno maggior soddisfazione.

Fin qui tutto normale, direte voi. Ma non è così semplice.

Possiamo garantirvi che il “prodotto finito”, cioè l’articolo, correlato dalle varie fotografie che vedete pubblicato, è frutto di un lavoro che dura quasi tutta la giornata, e che arrivare a metterlo on-line, è tutt’altro che facile, soprattutto quando ci sono le interviste di mezzo.

A questo proposito, mi ricollego ad un post pubblicato su Facebook qualche anno fa, proprio da Tina Rossi, dove è spiegato in modo chiaro e apparentemente spiritoso, qual è la giornata normale di un giornalista-fotografo, alle prese, alla fine dei conti, con il proprio lavoro.

Tutto partiva, e parte, da una semplice domanda:

Voi sapete quanto è difficile la vita di un reporter? Ve lo raccontiamo noi!

  • Bisogna sapere CHI gestisce un determinato cantante, cosa mica da poco, perché al di là del sapere qual è l’agenzia stampa, bisogna capire chi gestisce personalmente l’artista all’interno dell’agenzia stessa.
  • Se non lavorate per un’agenzia eventi che ha già le mani in pasta, la possibilità di essere presi in considerazione dai vari press-agent, è minore del 2% (resta l’1 % che è il “fattore C”, o “lato B” se preferite).
  • Nel contesto sanremese, ai giornalisti e reporter, viene data una lista contatti dei vari agenti. Quindi scrivi, telefoni, mandi sms, mail, piccioni viaggiatori, segnali di fumo, preghi Padre Pio ed è più facile che ti appaia la Madonna che non uno dei suddetti agenti.
  • Cerchi l’occasione quando li hai a “portata di microfono”, rischiando un match di wrestling con i vari bodyguards, cissati, imbruttiti  e maleducati. Il cantante è molto spesso disponibile a parlare, ma viene portato via a forza come un carcerato pluricondannato del 41bis.
  • Se sei in sala stampa, devi farti venire un artrosi al braccio per prenotare una domanda e magari non ce la fai, ma ci riescono sempre i soliti idioti che fanno domande su tutto tranne che di musica.

Questo è quanto, e probabilmente non cambierà di una virgola rispetto agli anni passati; ma tant’è, in fin dei conti va bene così. Siamo reporter per scelta di (dura) vita.

Tutto quanto sopra, naturalmente, lo facciamo per voi, che leggete i nostri articoli ed apprezzate le nostre foto: è il nostro modo di dirvi grazie, per l’attenzione e l’affetto che ci dimostrate di anno in anno.

Hashtag che passione

Visto che da martedì si parte con la cronaca live delle serate, colgo l’occasione per rammentare a chi leggerà i miei articoli, la serie di hashtag che solitamente uso in occasione della kermesse sanremese, ed i diversi significati:

#stendiamounvelopietoso, ovvero il peggio del peggio della serata.

#esumabinciapà, ovvero, guarda cosa ci tocca vedere e sentire.

#versaceonthefloor, dedicato al peggior look, maschile o femminile della puntata (da usare se si presenta l’occasione).

#scossa, dedicato a Lady Amadeus, Giovanna Civitillo, sarà usato per sottolineare la cosa migliore di ogni serata (statisticamente è stato usato davvero poco, nel corso degli anni, per dire).

#rockmeamadeus che utilizzerò “ad libitum”, per sottolineare le malefatte o le benefatte del presentatore.

E se le cose dovessero proprio mettersi male, sarà il caso di rispolverare il mitico #aridatecepippobaudo (per il momento lo tengo in naftalina).

Rammento infine che non parlerò di politica, o per meglio dire, non mischierò la politica con la musica: va di moda farlo, in tanti lo fanno, ma io non seguo le mode, quindi non lo farò. Lo lascio ad altri colleghi reporter, che ne fanno una ragione di vita.

Il “Festival della Canzone Italiana”, è una manifestazione musicale, e questo, solo questo, sarà l’argomento dei miei articoli. Per qualcuno sarà dura da accettare. Pazienza.

Buon #Sanremo2024 a tutti.

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Immagine di copertina generata con IA.

Lele Boccardo
Lele Boccardo
(a.k.a. Giovanni Delbosco) Direttore Responsabile. Critico musicale, opinionista sportivo, pioniere delle radio “libere” torinesi. Autore del romanzo “Un futuro da scrivere insieme” e del thriller “Il rullante insanguinato”. Dice di sè: “Il mio cuore batte a tempo di musica, ma non è un battito normale, è un battito animale. Stare seduto dietro una Ludwig, o in sella alla mia Harley Davidson, non fa differenza, l’importante è che ci sia del ritmo: una cassa, dei piatti, un rullante o un bicilindrico, per me sono la stessa cosa. Un martello pneumatico in quattro: i tempi di un motore che diventano un beat costante. Naturalmente a tinte granata”.