La vite, l’unica pianta esotica del calendario arboreo irlandese

La vite, problematico decimo mese del calendario arboreo irlandese

È la vite, a sorpresa, a rappresentare il mese lunare di Muin, che era il decimo del calendario arboreo irlandese. E, di conseguenza, l’iniziale del suo nome era anche la consonante M nel corrispondente alfabeto arboreo. Il mese di Muin era compreso tra le attuali date del 2 settembre e del 29 settembre. Era preceduto dal mese del nocciolo e seguito da quello dell’edera.

Abbiamo sottolineato quanto sia sorprendente la scelta di questa pianta, tipica del Vicino Oriente e del bacino del Mediterraneo, nella cultura irlandese. Sebbene presente tra le specie selvatiche europee sin dalla preistoria, il clima piovoso e umido dell’Irlanda non ne ha mai favorito la proliferazione. I primi faticosi tentativi di coltivazione sono successivi al V secolo, ossia alla diffusione del monachesimo.

primo piano di un grappolo d uva bianca  su fondo nero

Nel Vangelo, Gesù afferma di essere la vera Vite, di cui tutti i cristiani, uniti nel suo amore, rappresentano i tralci. Non poteva dunque mancare negli orti coltivati dai monaci, che vivevano la loro vocazione con ardente fede. Ma il calendario arboreo irlandese è precedente all’evangelizzazione dell’Irlanda e nasce in epoca pagana. Perché, allora, la scelta della vite? Perché anche gli irlandesi antichi adoravano il vino!

Ogni taoiseach, nome con cui era conosciuto il capo tribù, lo importava dai romani ed era per lui un vanto offrirlo agli ospiti, nei banchetti. Gli irlandesi, al contrario, esportavano i loro cani da lupo (noti oggi per la razza Irish Wolfhound) verso Roma, in quanto richiestissimi per i giochi nel circo. È infatti il fiorente commercio il motivo per cui si trovano monete romane negli scaviarcheologici irlandesi. Perché, a differenza di tante altre nazioni europee, l’Isola di Smeraldo non fu mai conquistata dalle legioni degli imperatori romani.

la vite addossata a un muro rosa antico


Il vino, tra gli alimenti fondamentali per i popoli antichi

Con l’entrata dell’uomo nella storia, le prime testimonianze scritte ci indicano il pane, l’olio e il succo fermentato dell’uva quali alimenti fondamentali nelle civiltà occidentali. I geroglifici egiziani ci narrano che il vino era sacro a Osiride. Altri dei lo ebbero caro: Dioniso in Grecia, Bacco a Roma, Saturno nella Penisola Italica, Sabazio in Tracia… Nell’Antico Testamento ebraico è spesso citato e diventa, con la consacrazione eucaristica, il Sangue di Cristo nel Nuovo Testamento cristiano. Ebbe illustri sostenitori in Ippocrate, Dioscoride e Teofrasto.

vite di uva nera con moltissimi grappoli a pergolato


La vite selvatica, tra le oltre 3000 varietà di vite coltivata

Non è facile ritrarre la Vitis vinifera L., così come comparve spontanea in natura, senza confonderla con gli oltre 3000 vitigni coltivati nel mondo. Appartiene alla famiglia delle Vitacee e ha come habitat ideale le radure e i boschi dell’Europa meridionale e dell’Asia occidentale. Si tratta di un arbusto rampicante con tralci ramificati su cui si posizionano le foglie (pampini) alterne, tondeggianti e tri-pentalobate, dal margine dentato. I rametti giovani presentano cirri, opposti alle foglie, che servono alla pianta per fissarsi a un sostegno esterno. Sempre opposte alle foglie, sono le infiorescenze organizzate in pannocchia. I fiori, composti ciascuno da 5 petali riuniti all’apice, sbocciano tra giugno e luglio. I frutti sono bacche tondeggianti o ovali (acini), dal colore che varia dal verde, al giallo, al rosso, al bruno, e sono riunite in grappolo. I semi, detti vinaccioli, sono piriformi, piuttosto duri e disposti 2 per loggia dell’acino.

vite inizio di infiorescenza verde su foglie verdi


L’ampeloterapia: la cura dell’uva

Secondo Jean Valnet, l’uva è uno dei tre frutti migliori e più completi per la nostra salute, insieme con la mela e con il limone. La ricchezza dei suoi componenti ne fa ritenere il succo una sorta di latte vegetale, persino paragonabile al latte umano. Contiene, infatti, molta acqua, zucchero altamente assimilabile, cremor tartaro, acidi tartarico e malico, minerali, materie azotate, vitamine A, gruppo B, C e PP e coloranti. Tali coloranti variano a seconda della tinta del frutto: nell’uva bianca abbiamo l’enoflavina e in quella nera l’enocianina, che è un buon tonico. Fu il medico Henri Leclerc, inventore del termine fitoterapia, il primo a consigliare, nel secolo scorso, una cura stagionale con l’uva, nota come ampeloterapia. Si tratta di introdurre per alcune settimane, nella dieta giornaliera, una quantità crescente di uva.


Si parte con mezzo chilogrammo, al mattino a digiuno, e si cresce gradatamente sino ad arrivare, per qualche giorno soltanto, a 2-2,5 chilogrammi. Essi vanno suddivisi in più pasti sostitutivi di quelli abituali. Si ritorna gradatamente alla dieta normale, riducendo il consumo d’uva sino al mezzo chilogrammo iniziale. L’ampeloterapia giova in caso di anemia, stanchezza, gravidanza, dermatosi, intossicazioni, ipertensione, obesità, stitichezza, enteriti, reumatismi, artrite, gotta e disturbi di reni, fegato, milza e digestione.

vista di un vigneto


In fitoterapia: i principi attivi delle foglie di vite

Oltre all’uva, anche le foglie della vite sono efficaci per la nostra salute. Esse costituiscono la droga medicinale e, quali principi attivi, contengono colina, inositolo, pigmenti (cianidina), vitamina C, tannino e zuccheri (levulosio, come l’uva, e destrosio). Il decotto si prepara versando un paio di cucchiai rasi di droga in mezzo litro d’acqua. Si fa bollire per qualche minuto, si tiene in infusione per un quarto d’ora, si filtra e si dolcifica a piacere. Si beve lungo la giornata, proprio come se fosse un tè. Viene prescritto dai medici naturalisti come diuretico, tonico venoso e capillare, regolatore della circolazione sanguigna e rinfrescante. È quindi indicato a chi soffre di disturbi circolatori (vene varicose ed emorroidi), mestruazioni dolorose e disturbi della menopausa, diarrea e scarsa orinazione. In applicazione esterna, impacchi di decotto non dolcificato hanno un effetto benefico sulla couperose e nelle congiuntiviti.

primo piano di foglia di vite rossa

L’olio di vinaccioli

Per concludere, non possiamo tralasciare un piccolo accenno all’olio di vinaccioli. Non era conosciuto né dai popoli del Mediterraneo né dagli antichi irlandesi. Si cominciò infatti a estrarlo a partire dal XIX secolo e, in particolare, dopo la Seconda Guerra Mondiale. Se analizzato, contiene molti acidi grassi polinsaturi e una buona percentuale di vitamina E. È pertanto utile, in sostituzione di altri condimenti, alle persone affette da alti tassi di colesterolo nel sangue o da disturbi cardiovascolari.

può interessarti leggere anche

L’agrifoglio, inatteso mese estivo nel calendario arboreo irlandese

Il prugnolo, l’altro solstizio estivo del calendario arboreo irlandese

L’erica e la sfida del solstizio d’estate nel calendario arboreo irlandese

La quercia, porta tra due mondi e mese di Dair nel calendario arboreo irlandese

Il biancospino, mese di Huath nel calendario arboreo irlandese

Il salice, pianta da cipria e da arpe, nel quinto mese del calendario arboreo irlandese

L’ontano, che sorregge Venezia, quarto mese del calendario arboreo irlandese

Il frassino, simbolo del mese di Nin nel calendario arboreo irlandese

Il sorbo, simbolo del mese secondo nel calendario arboreo irlandese

Il tasso, per festeggiare il capodanno del calendario arboreo irlandese

Il ginestrone, di fama fatata e l’equinozio di primavera

La betulla, nobile simbolo del primo mese dell’anno

Maura Maffei
Maura Maffei
Maura Maffei è da trent’anni autrice di romanzi storici ambientati in Irlanda, con 17 pubblicazioni all’attivo, in Italia e all’estero: è tra i pochi autori italiani a essere tradotti in gaelico d’Irlanda (“An Fealltóir”, Coisceim, Dublino, 1999). Ha vinto numerosi premi a livello nazionale e internazionale, tra i quali ci tiene a ricordare il primo premio assoluto al 56° Concorso Letterario Internazionale San Domenichino – Città di Massa, con il romanzo “La Sinfonia del Vento” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2017) e il primo premio Sezione Romanzo Storico al Rotary Bormio Contea2019, con il romanzo “Quel che abisso tace” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2019). È a sua volta attualmente membro della Giuria del Premio Letterario “Lorenzo Alessandri”. Il suo romanzo più recente è “Quel che onda divide” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza 2022) che, come il precedente “Quel che abisso tace”, narra ai lettori il dramma degli emigrati italiani nel Regno Unito, dopo la dichiarazione di Mussolini alla Gran Bretagna, e in particolare l’affondamento dell’Arandora Star, avvenuto il 2 luglio 1940, al largo delle coste irlandesi. In questa tragedia morirono da innocenti 446 nostri connazionali internati civili che, purtroppo, a distanza di più di ottant’anni, non sono ancora menzionati sui libri di storia. Ha frequentato il corso di Erboristeria presso la Facoltà di Farmacia di Urbino, conseguendo la massima votazione e la lode. È anche soprano lirico, con un diploma di compimento in Conservatorio. Ama dipingere, ha una vasta collezione di giochi di società e un’altrettanto vasta cineteca. È appassionata di vecchi film di Hollywood, quelli che si giravano tra gli Anni Trenta e gli Anni Sessanta del secolo scorso. Tra i registi di allora, adora Hawks, Leisen e Capra. Mette sempre la famiglia al primo posto, moglie di Paolo dal 1994 e madre di Maria Eloisa.