Una settimana Italiana – Sette film dal cuore tricolore

Questa settimana voglio parlare del grande Cinema Italiano, proponendo una selezione dei migliori e più inonici film che hanno esportato in tutto il mondo la cultura italiana.

Una cultura, la nostra, che ha una storia millenaria fin dai tempi della civlità Etrusca, Romana o i Greca; conquistando nel corso dei secoli la meritata fama di essere La Terra dell’Arte.

Sebbene il cinema si inserì fin dalla sua nascita tra le nobili arti, in Italia rimase un lusso riservato alla media/alta borghesia fino all’avvento del Fascismo.

Fu proprio sotto il dittatore Mussolini che il cinema italiano subì una significativa trasformazione, anche se certamente non avvenne per amore dell’arte; bensi’ per essere utilizzato dal regime come strumento di propaganda per diffondere l’ideologia fascista e rafforzare il controllo sulla società.

Ecco perchè del odiato ventennio, seppure con il fiorire di grandi produzioni a Cinecitta’, ricordiamo ben pochi film degni di nota; mentre dalla fine della Seconda Guerra Mondiale in poi ci fu un esplosione di talenti e registi che finalmente potevano esprimere liberamente il loro modo di pensare.

Il nostro viaggio tra i migliori film italiani inizia proprio da qui, con il primo e forse più importante esponente del Neorealismo, realizzato proprio durante i turbolenti giorni di liberazione della capitale.

Roma città aperta (1945)

Roma città aperta 1945 migliori film italiani

Roma Città Aperta è un film che racchiude in sé la bellezza romantica e struggente dei migliori artisti italiani che, nonostante la distruzione e la guerra, continua a vivere e a lottare per la propria libertà.

Roberto Rossellini racconta la tragedia di un gruppo eterogeneo di comuni cittadini, uniti nella resistenza antifascista e all’occupazione nazista durante gli ultimi giorni della Seconda Guerra Mondiale.

La storia si svolge in una Roma quasi apocalittica, distrutta dai bombardamenti e in cui le strade sono percorse da soldati e da un’atmosfera di terrore.

Ma nonostante tutto, la gente continua a vivere e a respirare e ie strade della città sono abitate da personaggi meravigliosamente umani e dalla forza straordinaria, che nonostante la paura non si arrendono alla violenza degli oppressori.

A tenere insieme questi ribelli è il dolente prete cattolico interpretato da Aldo Fabrizi, uomo molto rispettato nella comunità che rischierà tutto per proteggere Manfredi, l’incrollabile attivista comunista interpretato da Marcello Pagliero.

Attorno a questi due personaggi ruoteranno la vita (e la morte) di tante altre brave persone per bene, un pò coraggiose e un pò stupide nella loro fallace umanità di gente comune, come la bellissima vedova interpretata dalla immarcescibile Anna Magnani.

Sarà proprio la sua morte, falcidiata per strada dai mitra nazisti, uno dei punti esclamativi che diventeranno il simbolo dei primi ruggiti di un cinema e una Italia completamente nuova.

Roma Città Aperta fu il primo vero esponente del neorealismo, un movimento che voleva rappresentare la realtà in modo veritiero e senza artifici emozionali.

Immortalati nel bianco e nero senza tempo di Ubaldo Arata, abbiamo quindi molti attori non professionisti che vagano per le autentiche strade di Roma, anzichè un asettico set cinematografico.

Staccandosi definitivamente dal ridicolo cinema/propaganda di Mussolini, questo movimento avrebbe poi influenzato la settima arte a livello mondiale.

Ladri di biciclette (1948)

Ladri di biciclette 1948 migliori film italiani

Da questo momento ho deciso di smettere di continuare a dire la parola capolavoro, non perchè gli altri film italiani della lista non lo siano, altrimenti non li considererei i migliori, ma solo per non diventare dolorosamente noioso e ripetitivo.

Dalla fine della guerra arriviamo al 1948 con la regia di Vittorio De Sica per seguire le umane vicende di Antonio Ricci, operaio disoccupato che vive con la moglie e il figlio nella estrema povertà della Roma postbellica.

Anche se il fascismo è finito, il migliore dei mondi possibili è ancora lontano e la fame è tanta, perciò ogni lavoro è ben accetto, come ad esempio anche solo attaccare manifesti ai muri per conto del Comune.

Per andare avanti e indietro per la città Antonio ha bisogno di una bicicletta, ma quando finalmente riesce a riscattare quella che aveva dato in pegno, gliela rubano proprio durante il suo primo giorno di lavoro.

Inizia perciò una infinita odissea per le infinite strade tra i quartieri di Roma, dove insieme con suo figlio Bruno cercano disperatamente di ritrovare il misero, ma indispensabile mezzo di trasporto.

Ladri di biciclette è il perfetto esempio della fatica quotidiana della classe proletaria e la capacità di sopportare le ingiustizie della vita, che spesso arrivano improvvise e insormontabili.

Semplicemente grandiosa la prova del protagonista Lamberto Maggiorani, assieme all’infelice bambino interpretato da Enzo Staiola, magistralmente accompagnati dalle tristi musiche di Alessandro Cicognini nella loro realistica e struggente epopea cittadina.

In questo ritratto neorealista la loro tragedia si riflette nelle tante finestre di vita quotidiana indifferente alla loro disperazione, nel cuore di una città che ancora non era guarita dalle profonde ferite dela guerra.

Semplicemente imperdibile, possiamo riassumere questo film come una delle migliori e più amare commedie italiane, studiato da decenni in ogni scuola di cinema al mondo.

La maschera del demonio (1960)

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Lasciando decisamente perdere il neorealismo, restiamo con uno dei migliori maestri italiani del cinema, Mario Bava, ammirando il suo film d’esordio nei lontani anni 60.

Una opera prima tra le più splendide del panorama horror di tutti i tempi, massacrata senza pietà dalla arrogante e miope critica italiana dell’epoca.

Nel prologo di questa favola nera ci troviamo nella Moldavia del 16simo secolo, dove una strega viene punita con una maschera di spuntoni chiodati crudelmente applicata a martellate sul suo volto.

Passano duecento anni, quando due giovani medici stanno galoppando nei pressi della cripta dove è sepolta la strega.

Affascinati dalla donna nella sua teca di cristallo, uno di loro commette il tremendo errore di rimuovere la maschera e liberare il suo spirito, mai veramente morto ma solo sopito.

Desiderando vendetta per il dolore e l’umiliazione subita, la donna si riunisce al fantasma del suo amante e intende riconquistare il castello che le apparteneva, impossessandosi del corpo di una bella locandiera che le assomiglia in modo identico.

Ma anche il bel dottore si innamora della stessa ragazza, cercando di salvarla in ogni modo dagli incantesimi oscuri della rediviva strega.

Con pochi soldi e tanto talento e fantasia, Mario Bava porta in scena quella che è semplicemente la perfezione dell’horror gotico.

Nonostante i suoi film sarebbero poi diventati famosi per l’uso unico delle luci e dei colori di questo geniale regista, questa opera in bianco e nero mescola saggiamente la paura e un raffinato erotismo costruito sulla bellissima e inquietante Barbara Steele.

Per l’attrice, La maschera del demonio fu l’incoronazione come assoluta regina dell’horror, dimostrando il suo talento versatile e drammatico interpretando addirittura due ruoli completamente diversi.

Insomma, stiamo parlando non soltanto di un grande film italiano, ma in assoluto uno dei migliori mai realizzati in tutta la storia del cinema.

8½ (1963)

8½ 1963 migliori film italiani

Parliamo ora di un altro maestro del cinema italiano che non ha certo bisogno di presentazioni, Federico Fellini, in questo caso addirittura premiato con l’Oscar come Miglior Film in Lingua Straniera di quell’anno.

All’inizio degli anni 60 il grande regista era in profonda crisi creativa, non riuscendo a trovare una sceneggiatura che gli desse quella passione che tanto agognava.

Così il vecchio Federico ebbe l’idea geniale di riversare questa frustrazione in una storia del tutto nuova, dove il fedele Marcello Mastroianni era appunto un regista sull’orlo del fallimento.

Nessuno a parte lui conosce la verità, perchè il suo produttore Guido Alberti è invece convinto che tutto vada per il meglio, investendo milioni in scenografie e attori molto costosi.

In realtà il regista non ha neppure una sceneggiatura, ma soltanto una serie di pagine dove accatasta persone e episodi personali dalla sua infanzia, il suo matrimonio fallito e le sue molte amanti.

Attorno questo circo dell’arte per un film che non esiste, la farsa continua tra dramma e commedia fino a un catastrofico eppure rigenerante finale di distruzione e rinascita.

E’ impossibile nominare tutti i protagonisti di questo fantasy metacinematografico di Fellini, perciò mi limiterò a citare i miei preferiti.

Mastroianni guida la giostra con il suo solito menefreghismo irresistibile, distaccato e cool al tempo stesso.

Questo impenitente bugiardo è sempre falso con la moglie, l’amante e la bellissima Claudia Cardinale nel ruolo di sè stessa, una attriche che vuole a ogni costo seppure il film non esista neppure.

Infine citiamo ancora la star dell’horror precedente, Barbara Steele, così sexy e provocante che avrebbe ispirato perfino Quentin Tarantino per la famosa scena della gara di ballo in Pulp Fiction.

è un classico quasi impossibile da spiegare, ma dovete sperimentarlo voi stessi per scoprire se amate davvero il cinema.

Il buono, il brutto, il cattivo (1966)

Il buono, il brutto, il cattivo 1966 film

Come dicevo non c’è bisogno di usare ulteriormente la parola capolavoro, perchè questo western di Sergio Leone è semplicemente uno dei film più amati di tutta la storia del cinema.

Il mitico regista romano ci trasporta in una incredibile caccia al tesoro nel mezzo della violenta Guerra di Secessione che divise l’America nella seconda metà del 1800.

Nonostante le loro differenze, tre spietati criminali si trovano sulla stessa strada alla ricerca di un prezioso bottino di lingotti d’oro dell’esercito confederato.

Da un lato all’altro del fronte di entrambi gli schieramenti, questi infallibili pistoleri si alleano e scontrano a seconda delle circostanze e la convenienza.

Nonostante l’immensa ricchezza che stanno cercando, pero’, non ci saranno abbastanza soldi per tutti, così uno di loro non sopravviverà prima del immortale triello finale.

Che amiate o meno il genere western, non potete privarvi di un esperienza di cinema totalizzante come Il buono, il brutto, il cattivo.

Ogni scena e inquadratura sono memorabili, ogni sequenza ha una battuta o un’idea che vale la pena di citare.

Insomma, non c’è un singolo minuto delle quasi tre ore di questa avventura che vada sprecato, racchiudendo ogni grammo della potenza narrativa di Sergio Leone.

Conosco a memoria ogni citazione dei personaggi di Clint Eastwood, Eli Wallach e Lee Van Cleef; i peggiori criminali ma anche gli ultimi veri uomini liberi di un periodo storico che si apprestava a finire.

Infine sottoliamo (retoricamente ma immancabilmente) ogni nota di ogni traccia composta da Ennio Morricone, mai così dolente, romantico e furbescamente ironico in una delle migliori performance della sua lunga e gloriosa carriera.

Piuttosto che capolavoro, in effetti, per un film di questa magnitudine bisogna usare il termine leggenda, ripensando ai giorni migliori del cinema italiano, successivamente mai piu’ così apprezzato in tutto il mondo.

Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970)

Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto 1970 film

Tornando in una ambientazione tutta italiana parliamo adesso di Elio Petri, regista non meno talentuoso degli altri di cui ho parlato oggi, eppure molto meno conosciuto a livello internazionale se non per questo eccezionale e grottesco film poliziesco.

Tutto comincia una mattina qualunque in un elegante appartamento di Roma, dove il poliziotto della squadra omicidi Gian Maria Volonté uccide la sua amante Florinda Bolkan.

Ipoteticamente, questo incidente non poteva capitare in un momento peggiore: in quanto proprio quel giorno deve ricevere la agognata promozione all’ufficio politico della Questura.

Ma in realtà’ l’uomo non è affatto spaventato da questa situazione. Anzi, con sadico divertimento, sfrutta la sua esperienza e influenza politica per inquinare gli indizi e complicare in ogni modo la vita ai colleghi che indagano sull’omicidio.

Tuttavia, a un certo punto, sembra cambiare idea e cercare di aiutare la polizia ad arrestarlo, indicando loro uno dei pochi testimoni chiave che conosce la verità.

Ma come sempre capita, il potere non può mai essere messo in discussione, perciò a quel punto dovrà affrontare le conseguenze della sua impunità, che voglia accettarlo oppure no.

Assieme a Ugo Pirro, Elio Petri costruisce una sceneggiatura che è un distorto riflesso del famoso Processo di Kafka, del quale non a caso una citazione conclude l’ultima scena del film.

In questo caso però il protagonista non è schiacciato da un sistema oppressivo che non può vedere, ma anzi proprio grazie al potere costituito sembra sfuggire a ogni giudizio legale e morale, nonostante i molteplici crimini di cui si macchia.

Gian Maria Volonté nasconde la divertente follia negli occhi selvaggi di questo personaggio, apparentemente rispettabile dietro la intoccabile facciata delle forze dell’ordine.

Abbiamo quindi una delle migliori metafore della corruzione del mondo moderno, dentro una storia dal ritmo incalzante e a tratti surreale.

Profondo rosso (1975)

Profondo rosso 1975 film

Con l’ultimo film della lista ci portiamo in una delle città italiane a me più care e vicine, Torino, nei cui dintorni sono nato e rimasto per tutta la vita.

Infatti, questo mitico mistery/horror di Dario Argento comincia proprio in questa grande città del Nord Italia, dove un musicista e un suo amico ubriacone fanno casino nel vuoto della grande piazza centrale.

A un tratto delle urla interrompono il loro divertimento, mentre dalla finestra di un edificio adiacente vedono un killer mascherato uccidere brutalmente una donna.

Piu’ tardi scopriranno che lei era una medium di ritorno da una conferenza, dove sul palco affermava di sentire con i suoi poteri psichici la presenza di un assassino tra il pubblico.

Il musicista diventa ossessionato di questo delitto, iniziando a indagare con l’aiuto di simpatica e impicciona amica giornalista.

Quello che sembrava un inspiegabile atto di follia, nasconderà in realtà una storia di tragedia familiare e una psicosi più mostruosa e profonda di quanto possano immaginare.

Sebbene la popolarita’ del buon Dario Argento sia innegabilmente precipitata negli ultimi vent’anni, Profondo Rosso è ancora oggi tra i migliori film del genere horror italiani e internazionali.

L’estetica onirica che caratterizza le scene con il misterioso assassino nel nero buio e rosso sangue sono ormai diventate una icona del cinema.

Il film sviluppa una trama cruenta e psicologica in un labirinto di indizi, false piste e rivelazioni, con una tensione al massimo fino all’imprevedibile (forse anche improbabile) atto finale.

Ignoriamo volentieri i dialoghi deboli e caratterizzazioni stereotipate dei personaggi, godendo di ogni fotogramma che Argento pittura sullo stile visionario con cui Mario Bava aveva aperto la strada nel genere.

Infine, è semplicemente indimenticabile la colonna sonora dei Goblin, che ancora oggi risuona forte e chiara nelle orecchie di tutti gli appassionati dell’horror.

Ho dovuto faticare per eliminare dalla lista tanti altri film e registi che amo, scegliendo solo ciò che il cuore mi indicava come i migliori del panorama italiano. Se poi avete ancora sete di cinema venite pure a dissetarvi al pozzo del mio sito personale:

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Fabio Emme
Fabio Emme
Amante del buon cinema, grande arte che ha sempre fatto parte della mia vita, plasmando il mio modo di essere e vedere il mondo negli anni e aiutandomi a formare la mia cultura. Da quando ho memoria ho sempre letto, scritto e parlato di film e spero vivamente con i miei articoli di aiutare altri a fare altrettanto. Hobby? ...Il cinema, naturalmente!