Salute mentale, a cento anni dalla nascita di Franco Basaglia

La salute mentale, a cento anni dalla nascita di Franco Basaglia: nell’era post covid, come affrontare il futuro?

Alla luce delle sfide poste dalla salute mentale nell’era post-COVID, è essenziale riflettere su come affrontare il futuro. Ciò implica esplorare nuove strategie e approcci per migliorare la prevenzione, il trattamento e il supporto per i disturbi mentali. Inoltre, è necessario considerare come integrare la salute mentale in modo più efficace nelle politiche pubbliche e nei sistemi sanitari, assicurando un accesso equo e una risposta adeguata alle esigenze delle persone.

Un tema centrale in questo contesto è l’importanza di un approccio olistico alla salute mentale, che tenga conto non solo dei fattori biologici e psicologici, ma anche dei determinanti sociali, culturali ed economici. Questo significa promuovere la consapevolezza, ridurre lo stigma e fornire sostegno sociale e comunitario per migliorare il benessere mentale individuale e collettivo.

Franco Basaglia è stato una figura chiave nel movimento italiano per la riforma psichiatrica, promuovendo un approccio umanitario e deistituzionalizzante nei confronti delle persone con disturbi mentali. A cento anni dalla sua nascita (11 marzo 1924), è importante riflettere sul suo impatto e sull’evoluzione della salute mentale nel corso del tempo. Ciò include valutare quanto del suo lavoro sia stato mantenuto, quanto sia cambiato e quali sfide rimangono aperte.

Facciamo quindi un piccolo passo indietro e torniamo al 1978.

La legge Basaglia

La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla. Il manicomio ha qui la sua ragion d’essere.

Aprire l’Istituzione non è aprire una porta, ma la nostra testa di fronte a ‘questo’ malato“. Con queste parole, Franco Basaglia, psichiatra e neurologo, porta avanti la sua battaglia per il trattamento dei pazienti con problemi psichiatrici.

La legge viene portata in Parlamento da Bruno Orsini, esponente della Democrazia Cristiana e psichiatra, ma passerà alla storia il 13 maggio 1978 come la legge Basaglia.

il testo prevede una vera e propria rivoluzione nel campo della salute mentale, dell’assistenza a pazienti psichiatrici, ma soprattutto dispone per la chiusura dei manicomi.

C’erano una volta i manicomi

Nel 1978, le strutture che ospitano le persone con disturbi psichiatrici sono dei veri e propri lager. Camice di forza, letti con cinghie di cuoio, elettroshock, lobotomia, psicofarmaci, anestetici e catene ai termisifoni. Odore di piscio ovunque, edifici fatiscenti e zombie ciondolanti nei lughi e bui corridoi.

Ci finiscono gli alcolizzati, gli orfani, i depressi, le donne che si ribellano al marito, gli omosessuali, gli autistici, i disabili. Tutti coloro che sono considerati “disturbanti” o “diversi” per la società dell’epoca.

Gli “operatori” hanno ordine di usare la violenza, e lo facevano con un gusto perverso. Del resto sono scelti proprio in base alle loro caratteristiche di forza e cinismo.

I pazienti sono considerate bestie senz’anima, da allontanare dalle famiglie e dalla società, soggetti che creano solo imbarazzo e vergogna. Non si possono sopprimere ma i metodi usati nelle strutture sono vere e proprie torture che inducono molto spesso alla morte.

Questo è quanto è considerato “normale” trattamento sanitario, prima della legge Basaglia.

Legge n.180/78

13 marzo 1978. E’ la data storica del cambiamento. La legge appena approvata in Parlamento riguarda tecnicamente “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori”, e porta il numero 180 dell’anno 1978.

Con l’entrata in vigore di questa legge si dispone per la chiusura di questi centri di detenzione per malati psichiatrici e si riconosce al soggetto affetto da disturbi psichiatrici il diritto ad un’assisitenza totalmente diversa, tutelata dal punto di vista umano, civile e sanitario.

In due parole: dignità e sostegno.

La legge, inoltre, stabilisce le linee guide che disciplineranno il mondo della psichiatria e delle strutture specializzate che nasceranno. Nascono il servizio di igiene mentale e i CIM e i centri riabilitativi.

Una visione lodevole e ben strutturata, se non fosse che siamo in Italia e ogni entusiasmo e iniziativa, pertanto buona, si spegne al suon della lira, o dell’euro.

Effettivamente le cose sono migliorate, dai tempi degli anni Settanta e tanto è stato fatto, ma siamo lontani dall’aver ottenuto i risultati tanto sperati da Franco Basaglia.

Galeotte le risorse economiche destinate al settore, purtroppo. Troppe ancora le lacune nel sistema assistenziale dovute alla carenza di personale, di posti in struttura e di cure a domicilio. Sicuramente inadeguato il sostegno alle famiglie coinvolte. E ancora, troppi gli psicofarmaci prescritti e troppo poche le risorse umane impiegate.

Mental health e Covid-19

Il Covid è stato un problema serio a livello psicologico che ha minato la salute mentale di molti. Ovunque si è parlato di pandemic fatigue, cioè lo stress da pandemia.

Dice l’Oms: “La salute mentale e il benessere di intere società sono state gravemente colpite da questa crisi e sono una priorità da affrontare con urgenza“.

Il distanziamento sociale ha di fatto, isolato soggetti psichiatrici e famiglie, ha creato un buco nella continuità degli incontri terapeutici, lasciando le famiglie senza un vero e proprio sostegno. Ad appesantire la situazione, la crisi economica.

Il covid ha generato, quindi, due nuove problematiche: ha aggravato la situazione di chi già prima del covid era in uno stato di necessità e ha posto le condizioni per cui molta gente dapprima equilibrata, si è ritrovata, malgrado ogni ragionevole sforzo, a fare i conti con una depressione da Covid.

L’OMS stessa, nei due anni di pandemia, affermava che, a causa della pandemia e delle sue conseguenze, avremmo avuto in futuro un crescente numero di persone affette da disturbi mentali. Previsione azzeccata, e le richieste per il bonus psicologo lo confermano: pochi giorni dopo il 18 marzo, data di inizio per le richieste del bonus, le domande depositate all’INPS erano già 175 mila. Ad oggi sono oltre 200mila.

Il presente: depressione e ansia

Il mercato dell’emotività è diventato una realtà dominante nella società italiana, dove il razionale viene sovente sopraffatto da continue onde emozionali.

In questo contesto iper-emotivo, ogni situazione è percepita come un’emergenza, rendendo difficile distinguere ciò che è genuinamente critico da ciò che non lo è. Nell’ipertrofia emotiva in cui la società italiana si è inabissata, le argomentazioni ragionevoli possono essere capovolte da continue scosse emozionali. Tutto è emergenza: quindi, nessuna lo è veramente. Così trovano terreno fertile paure amplificate, visioni apocalittiche e il diffondersi di ansie sul futuro.

Secondo il Censis, la stragrande maggioranza degli italiani esprime preoccupazione per una vasta gamma di problemi, dall’instabilità climatica alla crisi economica e sociale, dalla pressione migratoria agli elevati livelli di debito pubblico.

Queste paure, alimentate da visioni catastrofiche e sensazionalistiche, possono generare paralisi anziché azione costruttiva, impedendo la mobilitazione delle risorse necessarie per affrontare le sfide attuali. L’immobilismo diventa la risposta comune di fronte alla complessità delle questioni che la società contemporanea deve affrontare.

Le preoccupazioni degli italiani

Nel contesto economico, si assiste a una fase di incertezza caratterizzata da un rallentamento della crescita e da un aumento delle preoccupazioni: il 73,4% teme che i problemi strutturali irrisolti del nostro Paese provocheranno nei prossimi anni una crisi economica e sociale molto grave con povertà diffusa e violenza.

Ogni evento crea ansia e depressione: dai flussi migratori alle guerre, passando per il welfare.

Un’interessante percentuale di italiani ha paura che negli anni a venire non ci sia un numero sufficiente di lavoratori per pagare le pensioni e il 69,2% pensa che non tutti potranno curarsi, perché la sanità pubblica non riuscirà a garantire prestazioni adeguate. Sono scenari ipotetici che paralizzano invece di mobilitare risorse per la ricerca di soluzioni efficaci. (fonte Rapporto Censis).

Basterà il bonus psicologo per avvicinare le persone alle figure professionali di sostegno alla salute mentale?

I desideri minori

Bisogna però dire che, d’altra parte, emerge anche un altro trend: quello dei “desideri minori”.

Sembrerebbe che la corsa sfrenata verso il consumismo e il successo materiale stia perdendo appeal a favore di una ricerca più tranquilla di soddisfazioni personali. Per l’87,3% degli occupati mettere il lavoro al centro della vita è un errore. Non è il rifiuto del lavoro in sé, ma un suo declassamento nella gerarchia dei valori esistenziali.

Un numero significativo di italiani sta rivalutando il valore del tempo libero, degli hobby e delle relazioni personali rispetto al lavoro e al perseguimento di ricchezza materiale. C’è una crescente consapevolezza dell’importanza della gestione dello stress e della cura delle relazioni per il benessere individuale.

Il contesto sociale attuale implica affrontare le conseguenze psicologiche residue della pandemia e cercare strategie per promuovere il benessere mentale in un tempo che è in rapida evoluzione. In un’epoca in cui la salute mentale riveste un’importanza sempre più rilevante, riflettere sulle lezioni del passato e trovare soluzioni innovative per affrontare il futuro diventa cruciale per promuovere il benessere di individui e comunità.

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Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”