Collezionista di arte contemporanea? È un influencer narcisista

Il Collezionista di arte contemporanea è un influencer narcisista, questa la tesi di Alberto Fiz curatore di mostre e giornalista specializzato in arte e mercato dell’arte. Alberto Fiz svolge anche attività di critico d’arte e ha un’ ampia attività pubblicistica e saggistica. Accanto all’attività critica, si interessa inoltre di problematiche legate al collezionismo.

Alberto Fiz e il collezionista interprete del gusto

Ma andiamo per ordine e cerchiamo di capire perchè dalle stesse parole di Fiz.

Benché le metodologie siano tra le più svariate, il collezionista, per sua natura, prende posizione e, partendo dalla sfera privata, si fa interprete del gusto. Se l’acquirente di un qualsiasi prodotto si pone come consumatore finale, pronto ad accettare le decisioni di altri, il collezionista si mette in gioco. Compie la sua rivoluzione, e diventa lui stesso responsabile di scelte che, molto spesso, non hanno alcuna garanzia di durata”.

Ordinatore del caos

Soprattutto oggi, di fronte all’invasione delle immagini, ogni giorno sui social se ne condividono oltre tre miliardi, il collezionista, secondo la tesi del crítico d’arte Alberto Fiz, è colui che si pone come ordinatore del caos. Lo scopo è quello di prendere decisioni che possano portare ad una rinnovata visione dell’arte in una logica di soddisfazione personale che sfiora il narcisismo.

Di fronte all’espansione dell’arte contemporanea e dei suoi canali d’accesso, il collezionista assume un preciso ruolo sociale . Infatti, oltre ad essere partner privilegiato dei musei a cui propone comodati o concede prestiti e donazioni, dà anche vita a fondazioni o associazioni. Diventando così promotore d’iniziative tese a divulgare la ricerca dei nuovi talenti.

Collezionista di arte contemporanea la tesi di Alberto Fiz quadro. Rappresentante una galleria. Immensa

Finanziatori dei musei

Le opere d’arte, insomma, hanno la necessità di farsi notare e diventano protagoniste di un gran teatro dove il privato non ha più bisogno di nascondersi. Lo affermano, senza ipocrisie, Bruna e Matteo Viglietta. “Ogni giorno riceviamo richieste di supporto, sostegno da parte di artisti ma anche grandi musei (persino il MoMA) che non riescono coi propri fondi a realizzare progetti espositivi senza un intervento privato. E questo è molto triste, oltreché poco salutare. Quando un museo deve chiedere aiuto a un privato è la stessa libertà dell’istituzione ad essere messa in dubbio, così come la sua mission”.

Il collezionista di arte contemporanea , attraverso la sua scelta, introduce un plusvalore. Questo perché va ad incidere direttamente sul prezzo e sul successo dell’artista, continúa Alberto Fiz. Se un tempo questo potere era nelle mani di pochi, oggi appare assai più accessibile. E la medesima provenienza di un’opera d’arte diventa un attestato qualitativo..

Il collezionista è parte della quotazione

Il collezionista diventa il garante insieme al museo, al gallerista e al critico. Ma anche l’opinion leader, o meglio, per utilizzare il linguaggio dei social, l’influencer non solo in termini culturali, ma anche finanziari. In pratica, è esso stesso parte della quotazione secondo una logica strettamente connessa alla sua funzione.

Il collezionista, del resto, è un modello di riferimento con cui facilmente ci si può identificare, continua il critico. Chi entra in un museo prova soggezione e deferenza e non gli verrebbe mai in mente di acquistare ciò che trova appeso alle pareti. Diverso il caso di chi visita una raccolta privata dove, immediatamente, nasce il senso di competizione e da follower, scatta il desiderio di farsi avanti, di provarci.

Arte come valore terapeutico

Il collezionista di arte contemporanea, ma non solo, sa bene che la sua azione ha un valore consolatorio, persino terapeutico; attraverso l’opera d’arte, ha la possibilità di aspirare a un senso quasi liberatorio.

Con la propria raccolta s’instaura un rapporto viscerale ed emotivo che sfida le regole del buon senso, afferma Fiz.
Se possedere le quote di un’azienda, ha un’esclusiva finalità economica, dipinti o installazioni, sono beni ad alto valore simbolico, portatori di un significato trascendente.

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Arte come emancipazione dal tempo

Il collezionista, insieme all’oggetto, acquista il passaporto per emanciparsi dal tempo ed esprime la sua vena creativa dando luminosità al bene con cui s’identifica.

Al XNL di Piacenza, ad esempio, appare evidente come le opere siano lo specchio del loro proprietario: ingordo, irruento, spavaldo, trasgressivo. Oppure freddo, prudente, calibrato o fondamentalmente politically correct.

Collezionismo come antidoto al global market

In realtà, la situazione è assai più complessa rispetto a come appare e mentre taluni artisti vengono strapagati, la maggior parte rischia l’anonimato. In questa logica, spiega, Alberto Fiz, la funzione del collezionismo è quella di porsi come antidoto al global market, agli algoritmi della finanza e alle mode. Questo non significa accantonare la speranza d’incrementare il valore dei propri beni e appare assai significativo l’ammonimento di Giorgio Fasol: “L’investimento non mi porta alla cultura, ma la cultura mi conduce ad un buon investimento”.

Il ruolo delle Gallerie

Del resto, la cultura passa anche attraverso l’azione delle gallerie che in Italia hanno giocato un ruolo fondamentale nella formazione dei collezionisti. Insieme alla “scuola” di Lucio Amelio dove si sono formati Ernesto Esposito e Pierluigi e Natalina Remotti, basterebbe citare, tra le gallerie storiche, Gian Enzo Sperone, Emilio Mazzoli, Lia Rumma o Massimo Minini e tra quelle più giovani Massimo De Carlo, Franco Noero e Continua che, molto spesso, hanno bruciato sul tempo i colleghi stranieri portando in Italia autori entrati successivamente nell’élite.

Un grande collezionista come Giuseppe Panza di Biumo, che ha sempre acquistato con assoluto rigore e lucida consapevolezza delle sue azioni senza mai cercare il consenso o cedere alle tentazioni di un’arte scontata o effimera, ha scritto: “Si vince con grande ritardo. Questa certezza del saper aspettare era la mia filosofia di vita ieri, come oggi. Non ho mai creduto nella fortuna, continuo a credere nel bene. Probabilmente quando io non sarò più qui a discutere di queste cose, l’arte oggi trascurata dalla critica, dalle istituzioni, dai collezionisti, che cercano l’attualità, avrà un diverso apprezzamento; non importa se io non ci sarò, oggi mi basta sapere che sto facendo le scelte migliori che la mia coscienza rende possibili”.

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Monica Col
Vicedirettore di Zetatielle Magazine e responsabile della sezione Arte. Un lungo passato come cronista de “Il Corriere Rivoli15" e “Luna Nuova”. Ha collaborato alla redazione del “Giornale indipendente di Pianezza", e di vari altri giornali comunali. Premiata in vari concorsi letterari come Piazza Alfieri ( 2018) e Historica ( salone del libro 2019). Cura l’ufficio stampa di Parco Commerciale Dora per la rassegna estiva .Cura dal due anni la promozione della Fondazione Carlo Bossone,. Ha curato per quattro anni l'ufficio stampa del progetto contro la violenza di genere promosso da "Rossoindelebile", e della galleria d’arte “Ambulatorio dell’Arte “. Ha curato l'ufficio stampa e comunicazione del Movimento artistico spontaneo GoArtFactory per tre anni. Ha collaborato come ufficio stampa in determinati eventi del Rotary distretto 2031. Ė Presidente dell 'Associazione di promozione sociale e culturale "Le tre Dimensioni ", che promuove l' arte , la cultura e l'informazione e formazione artistica in collaborazione con le associazioni e istituzioni del territorio. Segue la comunicazione per varie aziende Piemontesi. Dice di sé: “L’arte dello scrivere consiste nel far dimenticare al lettore che ci stiamo servendo di parole. È questo secondo me il significato vero della scrittura. Non parole, ma emozioni. Quando riesci ad arrivare al cuore dei lettori, quando scrivi degli altri ma racconti te stesso, quando racconti il mondo, quando racconti l’uomo. Quando la scrittura non è infilare una parola dietro l’altra in modo armonico, ma creare un’armonia di voci, di sensazioni, di corse attraverso i sentimenti più intensi, attraverso anche la realtà più cruda. Questo per me è il vero significato dello scrivere".