Sigo: “Il talento non basta, servono idee che spaccano!”

David Bowie diceva: “Per me la musica è il colore. Non il dipinto. La mia musica mi permette di dipingere me stesso.” L’arte, qualsiasi sia la sua forma, è in grado di far nascere capolavori, soprattutto quando predomina la passione. Abbiamo incontrato Sigo, giovane cantante torinese, per scoprire cosa si nasconde dietro il suo mondo fatto di musica, sogni e rivincite.

Intervista con Sigo

Ogni artista porta con sè storie di vita ricche di determinazione. Come nasce il tuo lato artistico e cosa rappresenta per te la musica?

Per me la musica è respiro, uno sfogo di cui non poter fare a meno. Mi sono avvicinato al mondo della musica all’età di 15 anni. E’ sempre stata una gande passione e fin da subito ho capito che investirci il mio tempo non sarebbe stato lavoro sprecato. Anche se penso che, quando qualcosa è trascinato dalla passione deve essere fatto in primis per sentirsi bene con se stessi. Ho iniziato a scrivere un brano dopo l’altro, sentivo quella strada ben salda sotto ai piedi. Nasco di inediti ma non è solo la mia scrittura a darmi la carica.

I tuoi racconti, la tua storia e la tua musica appaiono pieni di energia e ottimismo. Dei sogni coperti sempre dalla sottile capacità di restare con i piedi per terra. Il segreto del successo, per te, qual è?

Ho sempre pensato che la chiave del successo fosse rappresentata dalle idee. Avere talento, sicuramente, occupa una parte non indifferente, ma ciò che conta davvero è trovare un mezzo per arrivare dritti alle persone. Qualcosa che resti. Qualcosa di impatto. Il talento non basta, qualsiasi sia la forma d’arte, servono idee che spaccano. Ed io, su questo, ci sto lavorando moltissimo. Anche se spinto dalla passione, desidero che la mia musica arrivi alle persone in modo forte. L’ho capito durante i miei primi live, quando i miei brani non erano conosciuti da nessuno. Cantare per se stessi e cantare ciò che ti appartiene non è sempre il mezzo giusto, soprattutto all’inizio. Devi saper coinvolgere il pubblico che hai davanti, devi essere in grado di travolgerlo nella tua arte. Con il mio produttore, fin dal primo momento, ci siamo dedicati ai mash-up. Adoro farli, mi diverte moltissimo vedere le persone così prese durante l’esibizione.

Cos’è la cosa per cui sei più grato durante i tuoi live e cosa sogni per il futuro? Hai sogni nel cassetto?

Nella vita, ho imparato ad apprezzare la qualità di cose e persone senza basarmi troppo sulla quantità. Io vivo di musica e vorrei potesse diventare il mio lavoro principale. Preferisco 30-40 persone innamorate di ciò che faccio piuttosto che uno stadio pieno di un pubblico precario, se così potremmo definirlo. Non punto al successo improvviso per viverlo poi con la paura di finire nel cassetto dei ricordi. Punto a qualcosa che possa lasciare il segno. Punto a degli obiettivi ben saldi nella mia mente. Sogni nel cassetto ci sono, ma ne riparleremo a fatti compiuti. Voglio che i miei traguardi siano uno schiaffo morale a chi non ha mai creduto in me.

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Arianna Pino
Arianna Pino
Autrice del libro “Resta almeno il tempo di un tramonto” e di “Quando fuori piove”, finalista al concorso letterario “Il Tiburtino”. Iscritta all’ Università delle scienze e tecnologia del farmaco. Dice di sé:“Sono nata in città ma vivo col mare dentro. Ho occhi  grandi per guardare il mondo, ogni giorno, con colori diversi. Ho la testa tra le nuvole ma cammino su strade fatte di sogni pronti a sbocciare, mi piace stupire come il sole, quello che la mattina ti accarezza il volto e ti fa ricordare che c’è sempre un buon motivo per alzarsi. Amo la pizza, il gelato e la cioccolata calda perché io vivo così, di sensazioni estreme, perché a vent’anni una cosa o gela o brucia. Mi piace vivere tra le parole che scrivo, che danno forma alla mia vita come i bambini fanno con le nuvole”.