Gli Estro e il rapporto con la musica: “Una ragione per cui stare al mondo”

Si torna a parlare di musica, sogni, progetti e futuro. Ma, soprattutto, di giovani! “Essere un musicista, non è una professione. È una filosofia, una concezione di vita. Bisogna avere prima di tutto uno spirito di sacrificio inimmaginabile”, diceva Arturo Benedetti Michelangeli, noto pianista italiano. Abbiamo intervistato una band musicale emergente per scoprire il loro rapporto con la musica. Si tratta degli Estro, quattro ragazzi con un’unica passione.

Intervista con gli Estro

“Un artista è uno che produce cose di cui la gente non ha alcun bisogno ma che lui per qualche ragione, pensa sia una buona idea darle”, diceva Andy Warhol. Domanda di rito: come nasce il vostro gruppo?

Come spesso accade, tutto è nato per caso, un po’ come la filosofia delle cose belle. Non ci conoscevamo prima ma è stata la musica ad unirci e a smuovere il desiderio di formare una band e provare ad avere un qualcosa di nostro. Fin da subito abbiamo trovato la nostra sintonia e la nostra dimensione in cui muoverci. Andrea la voce, Luca al basso, Flavio alla tastiera e Roberto alla batteria. Ed eccoci qui, come ci conoscono tutti: gli Estro.

E’ sempre magico conoscere la storia dietro agli artisti. Quando si tratta di una band penso lo sia ancor di più in quanto tutte le anime, seppur accomunate dalla musica, portano con sè vissuti e storie differenti. Cosa ne pensate a riguardo e com’è far parte di una band?

Sfatiamo i luoghi comuni. Gestire un intero gruppo non è facile come si può pensare. Una band, a differenza del singolo, porta con sè molto lavoro soprattutto per quanto riguarda l’organizzazione. Siamo stati protagonisti di diversi live, tra cui anche il bellissimo evento del Festival della Musica. La nostra prima esibizione in semi acustico ci ha regalato bellissimi feedback e, ogni volta, per noi, è come se fosse la prima.

Il genere musicale è un’etichetta che si pone su ogni brano cantato. Molti pensano che identificarsi sia importante ma non fondamentale. Il vostro genere qual è?

Parola d’ordine: Mainstream. Ci teniamo a far chiarezza sul fatto che seguire questa strada artistica non vuol dire bussare alla porta della banalità. La linea può essere sottile ma bisogna anche seguire l’onda di ciò che il pubblico ricerca. Devi farti conoscere e per fare ciò è opportuno viaggiare sulla stessa linea d’onda, parlare la stessa lingua. Immaginate essere sconosciuti e cantare canzoni che nessuno ha mai sentito prima d’ora?! Sicuramente è un bel traguardo cantare ciò che davvero ti appartiene e hai costruito del tutto da zero, ma devi anche essere in grado di stare con i piedi per terra e avere la consapevolezza che il nuovo non sempre può rimanere impresso al primo colpo. La musica è un terreno da coltivare piano piano. Dal pop rock all’indie è tutto ciò che ci appartiene, se vogliamo porre delle etichette.

Giorno dopo giorno nascono artisti emergenti. Cosa vi sentite di consigliare a chi si avvicina al mondo della musica e cosa vi augurate per il futuro? Ci sono in programma degli inediti?

Ci auguriamo che la nostra musica possa parlare per noi e di noi. Viaggiamo piano, tra le note di tutti i brani che facciamo nostri. C’è l’idea di un inedito, ma abbiamo deciso di non bruciare le tappe. Il nostro obiettivo, fin dal primo giorno, è sempre stato quello di coinvolgere il pubblico e farlo cantare con noi. Non c’è cosa più bella nel vedere le persone coinvolte nella musica. Questo non è un lavoro semplice come molti pensano, non basta saper cantare o suonare uno strumento. Nella musica c’è sentimento, devi crederci, non credertela. Devi prima essere in grado di divertirti, di vivertela a pieno e senza troppe aspettative, di essere aperto a tutto. Da qui l’origine del nostro nome, diminutivo di estroversi. Solo dopo tutti questi fattori puoi iniziare a costruire delle basi solide su cui lavorare. A chi, ogni giorno, si avvicina al mondo della musica consigliamo di non arrendersi mai perchè il sacrificio e il lavoro ripagano sempre.

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Arianna Pino
Arianna Pino
Autrice del libro “Resta almeno il tempo di un tramonto” e di “Quando fuori piove”, finalista al concorso letterario “Il Tiburtino”. Iscritta all’ Università delle scienze e tecnologia del farmaco. Dice di sé:“Sono nata in città ma vivo col mare dentro. Ho occhi  grandi per guardare il mondo, ogni giorno, con colori diversi. Ho la testa tra le nuvole ma cammino su strade fatte di sogni pronti a sbocciare, mi piace stupire come il sole, quello che la mattina ti accarezza il volto e ti fa ricordare che c’è sempre un buon motivo per alzarsi. Amo la pizza, il gelato e la cioccolata calda perché io vivo così, di sensazioni estreme, perché a vent’anni una cosa o gela o brucia. Mi piace vivere tra le parole che scrivo, che danno forma alla mia vita come i bambini fanno con le nuvole”.