Meteo estate 2023: siccità e desertificazione in Pianura Padana

Meteo estate 2023: siccità e desertificazione in Pianura Padana, oltre che al Sud; uno stress idrico nazionale che non ha precedenti.

L’aumento delle temperature sta determinando le scorte idriche del Pianeta e la siccità comincia ad essere un problema serio anche nel mondo occidentale e nei Paesi industrializzati. Lo scorso anno la siccità aveva colto tutti impreparati perché, di fronte al deficit di riserve idriche invernali, c’era sempre stata la speranza che l’acqua arrivasse in primavera.

E l’acqua è arrivata, tutta in una volta causando un disastro ambientale di epocale memoria.

Il disastro idriologico causato dalle bombe d’acqua dei temporali di maggio scorso nelle Marche e in Romagna, sono la prova di quanto sia fragile ormai l’equilibrio del pianeta.

In 30 anni l’Italia ha perso il 13% della sua risorsa idrica, pari a 19 miliardi di metri cubi di acqua: poco meno del volume dell’intero Lago di Garda e circa due terzi di tutta l’acqua che ogni anno viene prelevata dall’ambiente per sostenere le attività umane nel nostro Paese. Un calo legato ai cambiamenti climatici che, combinato con l’entità dei prelievi  nazionali (pari in media a oltre 30 miliardi di metri cubi d’acqua all’anno), restituisce una fotografia dello stress idrico a cui il nostro Paese è sottoposto, calcolato come il rapporto tra prelievi idrici totali e disponibilità di acqua dolce superficiale e sotterranea.

È quanto emerge dal confronto dei dati ISTAT-ISPRA tra la disponibilità idrica media annua dei periodi 1951-1980 e 1991-2020 elaborati da Greenpeace Italia che, alla vigilia della Giornata mondiale della desertificazione, diffonde una mappa dello stress idrico nazionale.

L’emergenza siccità in Pianura Padana

Se fino a qualche decennio fa, il problema dell’approvvigionamento idrico interessava solo il sud del nostro Paese, ora anche al nord si teme la carenza di acqua.

In Pianura Padana, malgrado la pioggia delle settimane passate, è allarme siccità.

A marzo la situazione appariva drammatica: anche le acque superficiali, risorsa fondamentale per l’irrigazione, erano in estrema sofferenza. Tutti i grandi laghi del Bacino del Po hanno registrato valori vicino ai minimi storici registrati negli ultimi ottant’anni- I principali invasi artificiali del bacino Padano mostravano un volume di riempimento pari a un quinto della capienza. Oltre alle scarse piogge, soprattutto al Nord, hanno contribuito a questa situazione il caldo, con temperature sopra la media 9 mesi su 12 nel 2022, e la scarsità di neve in montagna, dove si è registrato un deficit nevoso del 63% rispetto alla media degli ultimi dieci anni.  

Dall’analisi emerge inoltre che il bacino del Po, l’area che ospita i più grandi fiumi e laghi italiani, è anche quella dove si registra il livello di stress idrico più alto (65,6%), quasi il doppio di quello rilevato nel Sud e nelle Isole, aree storicamente più a rischio siccità e desertificazione. Un apparente paradosso che si spiega considerando i prelievi idrici destinati alle attività umane: più della metà della quota nazionale è infatti concentrata nel distretto padano, dove circa il 70% dell’acqua serve all’agricoltura. Anche a livello nazionale oltre la metà dell’acqua prelevata è destinata all’agricoltura (56%), per due terzi impiegata proprio nel Bacino del Po, dove si concentra la produzione agricola e zootecnica nazionale, con colture mangimistiche come il mais.

siccità in Pianura Padana - un canale praticamente secco con pochissima acqua e gli argini di terra sono secchi
Le rive del canale del Parco del Mincio a Mantova

Stress idrico e desertificazione

«Certamente lo stress idrico rappresenta un fattore di rischio in più nel favorire la desertificazione in Italia. Il territorio del bacino del Po è sempre stato un grande utilizzatore d’acqua e adesso che la risorsa idrica si riduce e la mancanza di piogge si fa sentire particolarmente in quelle zone, è chiaramente il territorio che più ne subisce gli impatti», dichiara Stefano Tersigni, primo ricercatore ISTAT. «In particolare, il modello agricolo che si è sviluppato negli ultimi 50 anni non è più adeguato alle risorse oggi disponibili, perché ne utilizza troppe ed è poco resiliente ai cambiamenti climatici: bisogna modificare i sistemi d’irrigazione e adottarne di più efficienti, ma anche orientare le scelte verso coltivazioni e modelli agricoli meno idroesigenti».

Secondo le stime più aggiornate, circa un terzo dell’acqua usata per irrigare le nostre coltivazioni serve a produrre mangimi per la filiera zootecnica, che tuttavia coprono appena un quarto del fabbisogno del settore. Tra le coltivazioni che richiedono più acqua, troviamo il riso, il mais e le foraggere; a eccezione del riso, si tratta proprio di colture destinate principalmente agli allevamenti intensivi italiani. 

«Questi dati mostrano chiaramente che è necessario intervenire sui prelievi destinati all’agricoltura e alla zootecnia intensive: senza una trasformazione del nostro sistema agricolo in chiave agroecologica, nessuna soluzione che ambisca ad aumentare la disponibilità idrica potrà essere sufficiente», dichiara Simona Savini, campagna Agricoltura di Greenpeace Italia. «La posta in gioco è la nostra sicurezza alimentare: poiché si stima che circa il 20% del territorio italiano rischia di diventare incoltivabile, produrre e consumare meno carne è un prezzo equo da pagare per costruire un sistema agroalimentare in equilibrio con le nostre risorse idriche».

Risaie a rischio

Certo che parlare di desertificazione in Italia sembra fantascientifico, ma secondo le stime di IPCC (The Intergovernmental Panel on Climate Change), potremmo avere fino a 5 gradi in più, e in Italia visto la sua particolare posizione, anche fino a 8 gradi in più e in estate, la Pianura Padana raggiungerebbe le temperature attuali del Pakistan.

Nel quadro attuale e, soprattutto, considerando gli scenari futuri, è necessario pianificare un uso efficiente della risorsa idrica nel settore agricolo, a partire da una riduzione delle produzioni a più elevato consumo d’acqua, come quelle legate al sistema degli allevamenti intensivi. Per favorire la conservazione e l’infiltrazione di questa preziosa risorsa, Greenpeace ritiene inoltre urgente ripristinare la salute dei suoli, attraverso misure come la messa a riposo dei terreni e l’aumento di aree naturali all’interno delle aree agricole, funzionali non solo alla tutela della biodiversità ma anche alla ritenzione idrica.

Si tratta di misure di adattamento essenziali, perché lo stress idrico si aggiunge ai molteplici impatti della crisi climatica sulle nostre economie e società, rischiando di ampliare ulteriormente le disuguaglianze con l’aumento dei prezzi dei prodotti agricoli.  

Il 38% delle risaie e delle colture irrigue italiane è affetto da siccità severo estrema, ovvero soffre per un deficit di pioggia che dura da ben due anni. Tutto il distretto del Po, dove si trova buona parte della superficie irrigata italiana, è inoltre già in stato di severità idrica media da diversi mesi, mettendo a rischio riso, mais e altre colture.

È quanto ha sottolineato Greenpeace Italia alla vigilia della Giornata mondiale dell’acqua elaborando dati anticipati dall’Osservatorio Siccità del CNR-IBE.

Agricoltura fortemente a rischio per l’estate

Se non vi sarà un’inversione di tendenza saranno fortemente colpite anche tutte le coltivazioni orticole estive, come insalata o pomodori”. Spiega Ramona Magno, coordinatrice scientifica dell’Osservatorio Siccità del CNR-IBE. “Probabilmente si dovranno ripensare alcune tipologie di colture o usarne varietà che siano più resistenti a periodi di siccità. Turnazioni irrigue molto più rigorose potrebbero diventare la norma. Si potrebbe arrivare anche a razionamenti di acqua per uso idropotabile in diversi comuni”. Un quadro già attuale, dato che in Piemonte questo inverno alcuni comuni sono stati riforniti di acqua tramite autobotti. 

Quel che sta cambiando è la frequenza e l’intensità di questi fenomeni estremi, un trend ascendente la cui velocità è inasprita e legata a doppio filo con i cambiamenti climatici. Per fronteggiare la siccità è dunque necessario adottare da subito politiche ambiziose per liberarci dalla dipendenza da petrolio, gas e carbone e ridurre le emissioni dei gas serra. Ma allo stesso modo è necessario modificare profondamente il nostro sistema agricolo – che assorbe circa il 50% dell’acqua dolce utilizzata in Italia ogni anno – modificando anche la superficie dedicata alle colture che richiedono più acqua. Il mais, ad esempio, seconda tra le coltivazioni italiane per volumi di acqua utilizzati, è quasi interamente assorbito dalla filiera mangimistica, e più del 45% dell’impronta idrica dei prodotti agricoli è imputabile a carne, latte e derivati. 

Per ridurre i consumi idrici in agricoltura non bastano le soluzioni tecnologiche, ma è necessario agire in un’ottica di maggiore ‘efficienza alimentare’, anche attraverso la riduzione di produzioni e relativi consumi che comportano un maggior utilizzo di acqua, come quelle zootecniche e la relativa filiera mangimistica”, commenta Simona Savini, campagna Agricoltura di Greenpeace Italia. 

Cosa si può fare?

Le dichiarazioni, istituzionali e non, sul tema della siccità, ruotano invece quasi tutte intorno alla stessa ipotetica soluzione: costruire nuovi invasi e bacini artificiali, nonostante le possibili minori precipitazioni future e l’aumento dell’evapotraspirazione a causa del riscaldamento globale, cosa che dovrebbe spingere alla cautela su questo tipo di infrastrutture, anche rispetto ai loro impatti ambientali. 

Canalizzazioni forzate e cementificazione hanno infatti ridotto le aree naturali in grado di “assorbire” l’acqua in eccesso durante gli eventi climatici estremi, impoverendo i corsi d’acqua e le falde, che rimangono sempre gli “invasi” migliori per immagazzinare le risorse idriche, più efficienti di qualsiasi infrastruttura.

L’organizzazione ambientalista ha presentato anche otto proposte per contrastare la siccità  rivolte  al governo Meloni.

8 proposte di Greenpeace per combattere la siccità

  • Velocizzare il processo di decarbonizzazione dell’Italia, riducendo e poi azzerando le emissioni climalteranti, attraverso un aggiornamento del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) con obiettivi in linea con l’Accordo di Parigi sul clima e la posizione dell’Unione Europea.
  • Smettere di investire sulle fonti fossili e le relative infrastrutture, abbandonando al più presto lo sfruttamento di petrolio, gas e carbone e puntando su energia rinnovabile ed efficienza energetica.
  • Ridurre a monte i consumi idrici in agricoltura, rendendo prioritario  l’uso di terreni e acqua per la produzione di alimenti destinati al consumo umano diretto anziché alla filiera mangimistica o alla produzione di biocarburanti.
  • Ridurre a monte la domanda mangimistica, riducendo gradualmente il numero degli animali allevati e adottando misure per incoraggiare l’adozione di diete a base principalmente vegetale.
  • Adottare misure per incoraggiare l’utilizzo di tecniche agroecologiche che migliorino la salute dei suoli, inclusa la capacità di trattenere l’umidità.
  • Ridurre drasticamente il consumo di suolo e la cementificazione, incrementando le superfici di boschi e aree naturali.
  • Pianificare l’eventuale costruzione di nuovi invasi e laghetti in base ai dati di riempimento storici degli invasi esistenti e agli scenari meteo-climatici futuri, evitando opere dannose oltre che inefficaci.
  • Adottare un grande piano di ristrutturazione della rete idrica e di messa in sicurezza idrogeologica, aumentando le risorse dedicate nel PNRR, anche con il contributo degli enti gestori del servizio idrico integrato.

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Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”