Francesco Cicconetti si racconta nel suo romanzo “Scheletro femmina”

“Mi ero reso conto che l’amore a volte non basta per capirci gli uni con gli altri, ne per evitare le sofferenze”. Ma cosa succede quando a mancare è proprio l’amore verso noi stessi? Quando capirsi è difficile e accettarsi trascina sofferenza? Lo sa bene Francesco Cicconetti, content creator che ha affrontato il percorso di transizione per fuggire da un corpo che non gli apparteneva. “Scheletro femmina” è il suo primo romanzo. Un libro di amore e cambiamenti.

Esistere nel silenzio

“Questo libro è il mio disperato bisogno di dirti Ti Amo”.

Sono queste le prime parole di “Scheletro femmina”. L’amore, sentimento predominante, fa da padrone ad un racconto di vita, sacrifici e lotte. E’ la vita di Francesco e della relazione burrascosa e tormentata con il suo corpo. Guardarsi allo specchio e desiderare di non voler esistere.

Ma com’è vivere in un corpo che non ti appartiene? Mostruoso. E’ così che Francesco definisce il rapporto con la sua immagine. La rabbia e l’insicurezza fanno da sfondo ad una scelta difficile, quella del cambiamento. “Avevo bisogno che la mia transizione diventasse silenziosa. Non che si trasformasse in un ricordo, nè nel mio passato: solo che viaggiasse nel mio presente come un corpo lubrificato, che s’intersecasse al resto e vi penetrasse senza più portare dolore”.

“Scheletro femmina” racconta di una vita in punta di piedi. Un’esistenza che nel mondo, forse, non fa abbastanza rumore. Un traguardo, quello di Francesco, da voler tagliare al più presto.

I colori dell’amore

Si parte dai racconti dall’infanzia che accompagnano Francesco al suo primo giorno di scuola. Grembiule rosa e Francesca Cicconetti è presente all’appello. La sua presenza è silenziosa, cupa e sofferente. Quella bambina non vorrebbe indossare quel grembiule. Quella bambina non si sente appartenere ad un colore che la società impone per definire l’identità di genere.

“Il blu non è un simbolo né un colore: è il motore. E il mio rosa è un freno, un freno gigante che spegne il cielo luminoso e fa piovere sempre e mi porta via la gioia di uscire in giardino. Vorrei che tutte le cose che ho da femmina sparissero, o che potessi nasconderle. Vorrei metterle tutte dentro di me, al coperto, come lo è il cuore, o lo scheletro. Anche se ho lo scheletro femmina non è importante, perché tanto nessuno lo vede. Non cambia niente. Invece il grembiule lo vedono tutti, il mio nome lo sentono tutti.

L’infanzia porta con sè i primi amori. Quegli amori puri fatti di tenere confidenze e abbracci. Ma come nasce un amore? Chi decide verso chi deve essere rivolto un sentimento? Chi decide il colore dell’amore e, soprattutto, due colori uguali possono amarsi davvero?

Quella bambina si domandava proprio questo: “Possono due bambine amarsi?”

L’urgenza di raccontarsi

Ed è così che nasce questo romanzo, con l’urgenza di raccontarsi. Una lettura intensa e dolorosa che vi porterà a scavare nel vostro animo più profondo. I sentimenti di Francesco colpiscono dritti al petto ed è impossibile non immedesimarsi in quella sofferenza. Perchè tutti, almeno una volta nella vita, ci siamo sentiti cittadini di un mondo che sembrava non appartenerci.

“Avevo creduto di dover esistere e basta, invece d’un tratto avevo scoperto che non era sufficiente, che avrei dovuto reinventarmi, riscoprirmi, conoscermi di nuovo.”

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Arianna Pino
Arianna Pino
Autrice del libro “Resta almeno il tempo di un tramonto” e di “Quando fuori piove”, finalista al concorso letterario “Il Tiburtino”. Iscritta all’ Università delle scienze e tecnologia del farmaco. Dice di sé:“Sono nata in città ma vivo col mare dentro. Ho occhi  grandi per guardare il mondo, ogni giorno, con colori diversi. Ho la testa tra le nuvole ma cammino su strade fatte di sogni pronti a sbocciare, mi piace stupire come il sole, quello che la mattina ti accarezza il volto e ti fa ricordare che c’è sempre un buon motivo per alzarsi. Amo la pizza, il gelato e la cioccolata calda perché io vivo così, di sensazioni estreme, perché a vent’anni una cosa o gela o brucia. Mi piace vivere tra le parole che scrivo, che danno forma alla mia vita come i bambini fanno con le nuvole”.