Hit Parade fantasma: i successi rimasti fuori classifica

Prima arriva la polvere, poi l’involucro di plastica.
Mezzo nero, mezzo trasparente, con un pezzo di cartoncino ripiegato internamente, sul quale sono stati trascritti dei titoli di canzone.
E’ come estrarre un coniglio dal cilindro, un oggetto che arriva da un altro mondo. Una audio cassetta, riconosco molti brani.
L’anno deve essere il 1979. L’altro giorno se non ieri. O forse no.
Basta mettere su quel nastro per vedere se ancora funziona e godere delle pieghe del tempo che compare tra una nota e l’altra…una hit parade fantasma…

Siamo alla fine degli anni Settanta.

I Fab ’70

Khomeini che prende il potere in Iran dopo mesi di manifestazioni di piazza. Le BR continuano a colpire e questa volta sotto il loro tiro c’è il sindacalista Guido Rossa, che aveva denunciato un loro fiancheggiatore presente in fabbrica a Genova. Ancora sangue per le vie delle città, non solo BR ma anche Prima Linea nel Belpaese degli scandali e delle ombre.

Lockheed, Tanassi, Sindona, sono nomi che si accavallano e compongono un puzzle imputridito.
Qualcuno sa qualcosa sul caso Moro, forse ha messo le mani sul Memoriale, e le pallottole lo fanno tacere appena uscito dal suo giornale.
In un mondo che sta facendo del reflusso il suo singulto, la Thatcher sale sullo scranno che la vedrà protagonista per un decennio.
E poi ancora Ambrosoli, Giuliano, Varisco.
La striscia di sangue non si ferma.
Polvere confusa e insanguinata per terra.

hit parade fantasma - un fotomontaggio di articoli di giornali riguardanti le brigate rosse

Curioso come un’epoca tormentata sia scandita da ricordi musicali tanto belli, nei quali vivevamo le nostre vite.
Canzoni famose, Bee Gees, Renato Zero… Pezzi non dimenticati della Disco di allora. Chissà questo pezzo quanto era salito in classifica… o no?
C’è un ma.
Non riguarda soltanto il 1979, ma mi accorgo che era una prerogativa di quegli anni. Passo in rassegna altre audio cassette, 1980, 81, 82…
Mi accorgo che c’è un mondo nascosto. Sì, erano anni belli musicalmente parlando, ricordiamo tutti quei pezzi. Forse talmente belli che sono diventati dei cult soltanto dopo anni. Mentre all’epoca non erano neanche riusciti ad entrare nelle classifiche di vendita, sopraffatti da altre canzoni fantastiche.
Qualche esempio?

Se oggi parli di disco anni ’70, la prima cosa che viene in mente sono un paio di pezzi storici. Forse su tutti “I will survive” di Gloria Gaynor. All’epoca deve aver sfondato alla grande…

I will survive


Invece no, sorpresa. Non va oltre l’undicesimo posto. Incredibile vero?
E non è l’unico mostro sacro musicale a vivere di gloria teletrasportata nel futuro.
Il 25 maggio dello stesso anno, un certo Vasco Rossi presenta il nuovo 45 giri, “Albachiara“. Un classico ormai intramontabile, col quale Vasco oggi chiude tutti i suoi concerti, tra gli Osanna!
Ebbene, vede la classifica col lanternino. Nel senso che non ci arriva mai.
Voi potrete pensare che gli sia andata meglio qualche anno più darti con la “Vita spericolata“, bandiera di un certo tipo di generazione.
Ebbene, quella generazione la spinge ad un risicato e fugace settimo posto, ancora lontano dall’acclamarlo profeta di una eterna e spesso orgogliosamente stanca ribellione.

Non mi credete? Come si è piazzato allora un altro classico intramontabile come “Quella carezza della sera”?, dei New Trolls, ora struggente, nel parlarci di una storia di mancanza senza tempo? Primo, al massimo secondo? No. Arriva al settimo posto, che mantiene qualche settimana.

La mia banda suona il rock

E se dovessimo parlare de “La mia banda suona il rock“, brano bandiera, e per questo quasi ripudiato, da un mostro sacro come Ivano Fossati?
Entra al sedicesimo posto e questo è normale. Poi sale timidamente in quattordicesima posizione e infine precipita in ventesima, per poi scomparire.
Bella la vita che se ne va, canta qualcuno. Lui sì, al primo posto.
Ci sono mostri sacri e mostri sacri.

Così come c’è chi neppure entra nella classifica pur avendo vinto il Festival di Sanremo. Capita ad “Amare” di Mino Vergnaghi, canzone che quasi nessuno ricorda, in una edizione trascurabile della rassegna canora italiana.

La polvere scorre sulle dita, altri nastri, altri inganni di una eterna adolescenza.
Quanto mi piaceva questa, due anni prima. Una ballata struggente per un poeta della musica dimenticato.

“Lugano addio cantavi, mentre la mano mi tenevi” da affondare nella malinconia. Uno dei pezzi più belli di sempre.
Non va oltre la posizione numero 19. Continua ad essere incredibile.
Forse crederete che gli sia andata meglio col suo brano forse più famoso, la storia di un amore impossibile a tre nella città dell’Arno. “Firenze (Canzone triste)“, un altro classico senza tempo. Che raggiunge a stento il settimo posto della hit parade (fantasma) del tempo.

E quanti altre canzoni nelle quali ci si è persi tra mille ricordi e rimpianti non incontrano inizialmente il favore del pubblico. Cos’hanno in comune “Domenica bestiale” di Fabio Concato, “Canzoni stonate” di Gianni Morandi e “1950” di Amedeo Minghi, oltre al fatto di essere bellissime?
Il fatto di aver visto la classifica con il binocolo, naturalmente.

Hit Parade fantasma

Se proprio poi vogliamo parlare di canzoni fantasma, possiamo citare “La donna cannone” di Francesco de Gregori e “Spiagge” di Renato Zero. Figurano al primo posto della HIT Parade dei 45 giri, senza essere mai state pubblicate come singolo. Fanno parte infatti di due Q-Disc, 33 giri con due brani per lato, che ostinatamente la RAI decide di far figurare tra i 45. Inspiegabilmente.
Zero poi era un professionista di queste involontarie contraddizioni.
Pochi anni prima uno dei sui pezzi più famosi “Più su”, spopola per una estate intera. Ma in classifica figura come “Galeotto fu il canotto“, il suo retro. Un brano completamente diverso, dal profondo humour nero.

E‘ proprio con Khomeini, da dove tutto è iniziato, che si chiude la nostra rassegna, la nostra hit parade fantasma.
L’Ayatollah Khomeini, per molti è santità…abbocchi sempre all’amo…” canta uno stralunato cantautore siciliano tra il 1980 e il 1981, invocando i patrioti alle armi Oggi “Patriots” di Franco Battiato è considerata una gemma tra le più preziose della sua produzione. Gemma che non andò oltre la posizione numero trenta.

Cosa è rimasta, oltre alla polvere di queste cassette?
La voglia di andare oltre e respirarne altra. Oppure la consapevolezza che la nostra fosse talmente piena di canzoni che non ci fosse lo spazio per tutte?
Guarda… ancora un’altra cassetta. Una storia in più non detta.
Ancora polvere di cui riempirsi i polmoni.

Mauro Saglietti
Mauro Saglietti
Mauro Saglietti nasce a Torino il 25 maggio 1968, già appassionato di musica. Troppo piccolo per andare a Woodstock l’anno seguente, nonostante i suoi ripetuti strilli in tal senso, tenta comunque di imbarcarsi su di un volo intercontinentale, ma la statura e l’andatura tremolante lo tradiscono. Trascorre con inconsapevole disinvoltura gli anni dell’adolescenza attraverso la Guerra Fredda e la paura dell’atomica, gli anni della tempesta ormonale attraverso la paura dell’AIDS e gli anni del lavoro attraverso crisi economiche di ogni portata. Appassionato di montagna, del Toro di una volta e di scrittura, ha pubblicato tre romanzi: Hurricanes, ballammo una sola estate (2006), 3 minuti e 40 secondi (2016) e Paradise (2019). Primo in classifica con larga distanza sul secondo su Marte, Giove e Urano. Qualche difficoltà di affermazione soltanto sul pianeta Terra.