La borragine, che reca gioia e che infonde coraggio

La borragine, quale antico stimolante del buon umore e del coraggio

La borragine è un’erba originaria del Medio Oriente e del bacino mediterraneo. Tra i primi estimatori, nel I secolo, ebbe Dioscoride e Plinio. Dioscoride le diede dignità di farmaco, stimando più di ogni altra la varietà che proveniva dalla zona di Aleppo. E Plinio coniò per lei un celebre verso latino: Ego Borago gaudia semper ago. Esso si può tradurre come: Io, la borragine, reco sempre gioia; e qui la gioia ha anche valore di sollievo e di coraggio. A quell’epoca, era infatti prescritta a chi soffriva nel corpo e nello spirito, affinché si ritemprasse e non si abbattesse. Una leggenda narra di un soldato romano, costretto ad assistere alla crocifissione di Gesù. Impietosito dal terribile martirio, pose uno stelo di borragine sulla punta della spada e l’avvicinò alle labbra del Cristo.

stelo di borragine

Amica dei crociati e dei soldati di Oliver Cromwell

In ricordo di tale leggenda, ai cavalieri che partivano per le Crociate veniva messa una foglia di borragine nel vino, durante il brindisi di congedo. E le loro dame ne ricamavano gli splendidi fiori azzurri sulle sciarpe che gli amati portavano al collo, perché non si perdessero mai d’animo. Qualche secolo più tardi, John Gerard, chirurgo e farmacista del re britannico Giacomo I Stuard, consigliava la borragine “per il conforto del cuore”. Secondo lui, scacciava il dolore e accresceva la disposizione della mente alla gioia. Di questo fece tesoro persino Oliver Cromwell, che volle che tutti i suoi soldati la consumassero in insalata o la bevessero come tè. L’abbondate uso di borragine pare che li rendesse invincibili, capaci di combattere senza affaticarsi per interi giorni e notti.

piante di borragine con boccioli di fiori

In Irlanda e in Francia

Che le truppe di Cromwell fossero purtroppo tremende in battaglia ne fecero le spese gli irlandesi, che non riuscirono a contrastare l’oppressione britannica. Non per questo, tuttavia, stimarono meno l’elegante borragine. In lingua gaelica, il suo nome è borráiste gorm, dove gorm traduce il colore azzurro dei fiori. Ma nell’Isola di Smeraldo viene chiamata, oltre che borage, come nella vicina Gran Bretagna, anche herb of gladness (erba della felicità) o cool tankard. Quest’ultima espressione., ossia “boccale rinfrescante”, allude all’abitudine di servirne in estate la tisana fredda, come bevanda dissetante e salutare.

È infine detta bee-bread (“pane dell’ape”) perché le api sono ghiotte del suo polline e ronzano volentieri sulle aiuole in cui è stata seminata. L’impiego della borragine come pianta ornamentale deriva dalla preferenza che le tributò il Re Sole, Luigi XIV di Francia. Durante la stagione della fioritura, imponeva ai suoi giardinieri di trapiantarla nei giardini della reggia di Versailles. Poco dopo la sua morte, fu il medico Nicolas Alexandre (1716) a sostenerne ancora una volta i grandi benefici sull’umore, perché “rallegra gli spiriti vitali”. 

primo piano della pianta

L’affascinante blu della borragine

In effetti, la sola vista di quest’erba in fiore già allieta il cuore. È una specie annuale, assai graziosa, che appartiene all’omonima famiglia delle Borraginacee e che è stata catalogata come Borrago officinalis L. Abbiamo già affermato in passato che l’aggettivo officinalis viene apposto solo a piante nobili, che vantano una lunga tradizione medicinale. Per le altre, meno utilizzate e apprezzate, si ricorreva al più comune vulgaris. Ebbene, la borragine merita senz’altro di essere un’erba officinale.

La sua altezza è compresa tra i 20 e i 70 centimetri circa ed è in ogni sua parte ricoperta di peli rigidi. Le foglie basali, che presentano anch’esse la caratteristica pubescenza ispida e che sono riunite in rosetta, sono grandi e ovali. I fiori, che sbocciano tra maggio e ottobre, sono riuniti in infiorescenze ramificate. Presentano una corolla stellata a 5 petali, d’intenso azzurro, dal diametro che varia dai 2 ai 3 centimetri, sormontata dal cono degli stami neri. I semi sono acheni ovoidali.

piante d borragine che si stagliano nel cielo

La tisana di borragine e le sue virtù

In questo caso, la droga è costituita dall’intera pianta (steli, foglie e fiori), la cui infusione, bevuta come un tè, è piacevole e salutare. Come principi attivi, contiene flavonoidi e mucillagini (fiori), saponine, resine, tannini e sostanze minerali, come nitrato di potassio e sali alcalini (foglie e steli). La tisana si prepara versando due cucchiai rasi di droga in mezzo litro d’acqua fredda. Si porta a bollore, si spegne, si copre e si lascia riposare per un quarto d’ora prima di filtrare e dolcificare. Giova come diuretico (elimina anche l’eccesso di cloruri), depurativo del fegato, emolliente e lassativo. È utile nelle affezioni delle vie respiratorie (raffreddore) ed è un buon sudorifero. Per questo si beve durante gli stati febbrili, ad esempio, oppure quando si sono contratte malattie esantematiche. Una ricerca di Henri Leclerc dimostrò che il succo fresco è utile in caso di nefrite acuta accompagnata da edema. 

Prelibatezze in cucina

Pierre Lieutaghi consigliava di fare cure stagionali di borragine, indicate soprattutto per gli anziani. Se ne può pertanto bere la mattina il succo fresco centrifugato oppure si può aggiungere alle pietanze. Le foglie giovani, tagliate fini, sono ottime in insalata o aggiunte alle minestre a fine cottura. Con esse si possono preparare anche frittate o torte salate. Ci sono regioni italiane, come la Liguria, che hanno fatto di quest’erba un’eccellenza della loro tradizione enogastronomica. Da ligure trasferita in Piemonte, chi vi scrive ricorda con gioia e con nostalgia il sapore unico dei ravioli di borragine. Sono i ravioli di magro dell’infanzia, conditi con un filo d’olio e con immagini indimenticabili di mare e di sole.

Maura Maffei
Maura Maffei
Maura Maffei è da trent’anni autrice di romanzi storici ambientati in Irlanda, con 17 pubblicazioni all’attivo, in Italia e all’estero: è tra i pochi autori italiani a essere tradotti in gaelico d’Irlanda (“An Fealltóir”, Coisceim, Dublino, 1999). Ha vinto numerosi premi a livello nazionale e internazionale, tra i quali ci tiene a ricordare il primo premio assoluto al 56° Concorso Letterario Internazionale San Domenichino – Città di Massa, con il romanzo “La Sinfonia del Vento” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2017) e il primo premio Sezione Romanzo Storico al Rotary Bormio Contea2019, con il romanzo “Quel che abisso tace” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2019). È a sua volta attualmente membro della Giuria del Premio Letterario “Lorenzo Alessandri”. Il suo romanzo più recente è “Quel che onda divide” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza 2022) che, come il precedente “Quel che abisso tace”, narra ai lettori il dramma degli emigrati italiani nel Regno Unito, dopo la dichiarazione di Mussolini alla Gran Bretagna, e in particolare l’affondamento dell’Arandora Star, avvenuto il 2 luglio 1940, al largo delle coste irlandesi. In questa tragedia morirono da innocenti 446 nostri connazionali internati civili che, purtroppo, a distanza di più di ottant’anni, non sono ancora menzionati sui libri di storia. Ha frequentato il corso di Erboristeria presso la Facoltà di Farmacia di Urbino, conseguendo la massima votazione e la lode. È anche soprano lirico, con un diploma di compimento in Conservatorio. Ama dipingere, ha una vasta collezione di giochi di società e un’altrettanto vasta cineteca. È appassionata di vecchi film di Hollywood, quelli che si giravano tra gli Anni Trenta e gli Anni Sessanta del secolo scorso. Tra i registi di allora, adora Hawks, Leisen e Capra. Mette sempre la famiglia al primo posto, moglie di Paolo dal 1994 e madre di Maria Eloisa.