Roberto Puleo. Il mondo della musica perde uno dei più importanti chitarristi italiani

Patty Pravo, Maurizio Fabrizio, Ornella Vanoni, I Goblin di Profondo Rosso, Viola Valentino, Collage, i Murple di Mal dei Primitives, Massimo Bubola, Gianni Togni. Roberto Puleo è stato il guitar man d’oro degli anni 80 per la CGD romana, firmando i successi più famosi dell’epoca. Nella formazione di Angelo Branduardi ha suonato strumenti antichi e inusuali come Bouzouki, Mandolino, Slide guitar, Bandurria, Dulcimer.  Come chitarrista si è esibito sul palco di Sanremo, accompagnando la canzone vincitrice dell’edizione 82, “Storie di tutti i giorni” di Riccardo Fogli. Il cui riff iniziale è entrato nella storia della musica italiana.

roberto puleo e riccardo fogli a sanremo 1982
Roberto Puleo sul palco del Teatro Ariston insieme a Riccardo Fogli (1982)

Roberto Puleo è stato un amico. Un maestro. Un mentore.

Ho avuto la fortuna di incontrarlo, agli inizi degli anni 90, quando aveva trasferito la sua attività da Roma in Torino. Un professionista già famoso, che aveva calcato, come vincitore, il palco di Sanremo e aveva firmato – con il suo lavoro di turnista da studio – dischi capolavoro.

Dischi che facevano parte della mia collezione di vinili e collaborazioni che erano fonte di ammirazione per ogni amante della musica:

Duemilatrecentouno parole” di Ornella Vanoni, “Patty Pravo 1976”, la raffinata discografia di Angelo Branduardi,  da “La pulce d’acqua”,  “Fables and Fantasies”, “Cogli la prima mela” a “La luna” “Cercando L’oro”.

Era stato secondo chitarrista e collaboratore storico del Maestro Maurizio Fabrizio, uno dei più grandi autori e arrangiatori italiani. Il Maestro per eccellenza, che ci ha poi regalato “Almeno tu nell’Universo” di Mia Martini, “I Migliori anni della nostra vita” di Renato Zero e altre decine di capolavori indimenticabili.

Roberto Puleo aveva il massimo rispetto di tutti gli addetti del settore.

Negli anni in cui abbiamo condiviso il lavoro – io come autore e lui come arrangiatore – per il più importante studio di Torino,il G7 di Gualtiero Gatto, era questa la percezione che ricevevi confrontandoti con tutti i più grandi musicisti e artisti italiani.

La sua esperienza di studio e di palco era grandissima. Aveva suonato nei tour e nei dischi di Alberto Fortis, Patty Pravo, Mal, Gianni Togni, Massimo Bubola, e collaborato con tutti i più importanti colleghi musicisti dell’epoca.

Un’ epoca in cui i computer non esistevano e i suoni erano puramente frutto dell’anima dei musicisti.

Per l’album “Compagnia” ha lavorato con Stefano D’Orazio e Roby Facchinetti dei Pooh e Dario Baldan Belbo. Ha firmato, oltre questo, con il suo sound tutte le produzioni storiche degli album di Riccardo Fogli.

E’ presente nelle colonne sonore dei film “Buio Omega” e “Contamination” con i Goblin, la famosa formazione nota per la colonna sonora di “Profondo Rosso” di Dario Argento. È stato direttore artistico di Giancarlo Lucariello, collaboratore di David Zard, adattatore televisivo per Canale 5 e Rete4, direttore e arrangiatore dei migliori studi di registrazione.

La lista discografica e di collaborazioni è infinita.

un collage di immagini
Roberto Puleo – un collage con le copertine dei dischi ai quali ha collaborato

Roby ci ha lasciati improvvisamente qualche giorno fa.

E sono infiniti i ricordi che mi legano alla nostra amicizia. Un turbinio di immagini in movimento:

“La sua tecnica chitarristica raffinata, la sua passione per le auto sportive. Jimi Hendrix, Eric Clapton, Rory Gallagher, Albert Lee, Jimmy Page. Il suo sacro manuale di orchestrazione di Henry Mancini. Il suo amore per la libertà di volare e guidare veicoli ultraleggeri. Le sue immancabili sigarette, sempre tra le labbra anche quando il dottore gliele aveva vietate. Le lezioni sulla magia degli arrangiamenti di gruppi e maestri internazionali che avevo solo sentito nominare. La sua conoscenza dei vini e dei sigari. Le nostre chiacchierate sulla saga fantascientifica di “Dune” (“Il primo e il quarto capitolo! Con gli altri Frank Herbert ci ha fatto ‘na sola”)”.

Le sue chitarre, Ovation, Fender e Gibson. Che, come un playboy, amava tutte. Ma le considerava strumenti di lavoro e le cambiava con noncuranza.

Perché era il suono e non lo strumento la meta da raggiungere

Una volta nel suo studio di registrazione ne presi una dalla rastrelliera di strumenti e iniziai a suonarla. Era vissuta, graffiata, provata da innumerevoli ore di lavoro. E gli chiesi perché la tenesse ancora.

Quando – distrattamente, mentre controllava una registrazione seduto al banco di missaggio – iniziò a elencarmi in che dischi l’aveva utilizzata, la posai immediatamente e lentamente. Come si posa una reliquia. Avevo ascoltato quei capolavori da ragazzo e amato ogni singola nota.  

Era un uomo colto. Che parlava un italiano perfetto, con una elocuzione ciceroniana ed elegante.

Si potevano passare ore ad ascoltarlo. Con piacere.

Era capace di intrattenere i conversatori con disquisizioni sulla filosofia di Kant, (obiettandone naturalmente alcuni punti, perché lui era così, intelligentemente dotato di un pensiero proprio), per passare subito dopo ai metodi Champenoise o Crémant per le migliori bollicine degli champagne o le differenze tra uno scotch whisky e i single malt e blended Nipponici. E concludere con una dissertazione sul perché un viaggio in mare con catamarano fosse da preferire a quello in barca a vela.

Roberto puleo insieme ad altri musicisti

Aveva parole gentili per tutti. Ma non risparmiava le critiche al mondo musicale e i personaggi di serie A che aveva frequentato.

Naturalmente il suo punto di forza era raccontare, scendendo volontariamente uno scalino di stile e adottando il linguaggio da “romanaccio de borgata”, aneddoti sulla sua carriera. Che noi ascoltavamo con bramosia e divertimento.

Come quella volta che ruppe le corde di uno strumento musicale antico e non esistendo i ricambi si inventò, con la maestria di un liutaio, una alternativa prima del concerto con mezzi di fortuna. Di quando Patty Pravo con un movimento per salire sul palco ruppe i pantaloni e – con eleganza e la freddezza di una professionista – finì le sue due ore di spettacolo coprendosi noncurante con una mano. Durante le sessioni di studio ricordava i lampi di genio musicale di Maurizio Fabrizio, che era il più serioso di tutti e doveva tenere a bada le sue mascalzonate.

O di quella volta che nello svolgimento delle registrazioni a Monaco per “La pulce d’Acqua“ di Branduardi, l’orchestra si alzò in piedi per ballare mentre suonava. Troncava le conversazioni religiose dichiarandosi Shintoista e regalava aforismi e riflessioni romane nei momenti di difficoltà. Come “Occorre buttare il fegato e il cuore oltre gli ostacoli”, quando eravamo stanchi o Che stavamo a cercà Maria pe’ Roma” se perdevamo troppo tempo alla ricerca di un suono.

Una volta- durante una pausa dallo studio di registrazione – stavamo pranzando in un ristorante presso un piccolo Aereo Club, dove Roberto prendeva lezioni di volo. Gli chiesi perché i miei testi vincevano un sacco di premi – e ricevevano unanime approvazioni -mentre con le musiche dovevo sempre discutere le eterne sfumature stilistiche con gli artisti a cui le proponevo.

Mi rispose con una frase che mi fa sempre sorridere. Anche se sono passati trent’anni: “A Gaetàle musiche delle canzoni sono come le mutande. Ognuno ha le sue. E sceglie quelle in cui sta più comodo”.

Un mulinello di ricordi. Che queste giornate di pioggia riportano con una certa tristezza nel cuore.

Ma Roby è sempre stato un simpatico anarchico. È sempre vissuto come ha voluto. Alla velocità delle macchine sportive che amava, infischiandosene delle regole.

Alle volte chiedendogli perché avesse lavorato alla CGD e non alla RCA, rispondeva simpaticamente – ma senza scherzare – che alla RCA prendevano solo i bravi ragazzi e lui non era nella lista.

Il suo valore di maestro – per molti di noi inarrivabile- e la sua grande intelligenza, sono ancora qui con noi. E mi piace pensare che ci prenderebbe in giro se fossimo troppo melensi nel ricordarlo.

D’altronde Ernesto Sabato, il grande scrittore argentino di “Sopra eroi e tombe” e “Prima della fine”, diceva che “La morte ha poco potere sulle persone amate; vive o morte esse sono incorporate in noi e ce le portiamo sempre dietro”

E Roberto Puleo resta con noi attraverso le sue opere e il suo talento rimasto eternamente scolpito nei capolavori in cui ha suonato.

In Primis, per originalità, tecnica e raffinatezza quelli dei dischi di Angelo Branduardi. Che l’ha così salutato in un post.

roberto puleo e angelo branduardi (intento a suonare il violino)

 Guardo per l’ennesima volta uno dei tuoi concerti pensando a quanto fossi irraggiungibile.

Qui sei con Angelo Branduardi e Maurizio Fabrizio in un concerto con l’orchestra della Rai diretta da Pino Presti con la collaborazione del Banco del Mutuo Soccorso (clicca qui).

Ed è inevitabile pensare alla tua umiltà. Hai fatto cose straordinarie. Ma ne parlavi sempre con semplicità.

Un atteggiamento e dei risultati che molti musicisti, maestri, autori, incontrati nel mio percorso artistico hanno potuto – e potranno – solo sognare.

Nemmeno sfiorando lontanamente l’ombra di quell’artista incredibile che sei stato.

“Buon viaggio grande Roby. Ti abbraccio con affetto”.

“Grazie per tutto quello che mi hai insegnato. Io continuo ad ascoltarti e ricordarti nelle opere d’arte musicali all’interno dei dischi in cui hai suonato. Gae” E sorrido con te, nel tuo momento di massima gloria.

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Gae Capitano
Gae Capitanohttps://gaecapitano.it/
Paroliere, compositore, arrangiatore e musicista italiano. Disco d’Oro – Disco di Platino – Finalista Premio Tenco – Vincitore Premio Lunezia Autori- Vincitore Premio Panchina, Resto del Carlino – Vincitore Premio Huco- Finalista Premio De Andrè – Valutazione Ottimo Mogol e Docenti Centro Europeo di Toscolano