Il sambuco, ambivalente simbolo di Ruis, ultimo mese del calendario arboreo irlandese

Il sambuco, che faceva paura agli antichi celti

Il sambuco, nel calendario arboreo irlandese, rappresentava il tredicesimo e ultimo mese lunare. Era chiamato mese di Ruis, durava dal 25 novembre al 23 dicembre e offriva la sua iniziale R anche al relativo alfabeto arboreo. Il capodanno cadeva infatti il 24 dicembre e aveva per simbolo il tasso. Se tuttavia credete che gli antichi celti amassero così tanto il sambuco da fargli chiudere il loro calendario, siete in errore.

In epoca precristiana, gli irlandesi avevano una paura matta del sambuco e le sue bacche nere come la morte erano ritenute pericolose e funeste. Con l’avvento del cristianesimo, le cose non andarono meglio. Si diffuse, infatti, la credenza che il suo legno fosse servito per realizzare la croce su cui fu inchiodato Gesù. Secondo un’altra tradizione, Giuda Iscariota, pentito di aver tradito Gesù per trenta denari, s’impiccò proprio al ramo di un sambuco.

bacche molto scure di sambuco attaccate a un ramo

Ambivalenza irlandese del sambuco, pianta stregata e pianta fortunata

Nei secoli successivi, il sambuco divenne in Irlanda l’albero delle streghe. Le streghe irlandesi si distinguono da tutte le altre perché pare che non volino su una scopa ma sopra un ramo di sambuco. Sono loro a provocare la frequente pioggia e lo fanno agitandone un rametto in un secchio d’acqua. In caso di pericolo, si trasformano addirittura in un suo cespuglio. E quando si vuole individuare una strega, basta immergere nell’olio una radice di sambuco e poi darvi fuoco. Se si pone a galleggiare come torcia sull’acqua, fluttuerà bruciando sino ad approdare alla casa di una strega.

un cesto in vimini con dentro tantissimi fiori di sambuco

A contraddire quanto appena affermato, il sambuco era per gli irlandesi anche un albero assai fortunato. Se attecchiva spontaneo presso un cottage, era considerata una grande benedizione per la famiglia. Veniva piantato presso la porta di casa per tenere lontano il diavolo e le streghe stesse e per propiziare la fertilità femminile. Se un cespuglio fioriva presso una tomba, significava senz’altro che il morto era felice e che non aveva bisogno di ritornare come fantasma a spaventare i suoi discendenti. Le bacche raccolte la vigilia della festa di san Giovanni Battista (24 giugno) acquisivano poteri magici e curativi. Sventavano infatti gli incantesimi delle streghe e contrastavano la calvizie. Si tratta però di bacche assai rare, rimaste dalla stagione precedente, perché il sambuco fruttifica a inizio autunno. Le foglie, invece, se raccolte nell’ultimo giorno di aprile, oltre a tenere lontane le streghe, guarivano ogni ferita su cui fossero state applicate.

pianta di sambuco con foglie fiori su fondo nero

La spiegazione del mistero tra i mesi di Peith e di Ruis

Lo avete notato anche voi? È come se il sambuco fosse doppio ed esistessero un sambuco buono e uno cattivo, uno da cui difendersi e un altro con cui proteggersi. In effetti è proprio così: c’è il sambuco buono e c’è l’ebbio cattivo. Se ricordate, a proposito del mese precedente di Peith, nel calendario arboreo, vi avevamo anticipato che potevano essere tre le piante a rappresentarlo. Oltre al tiglio e al giunco, che abbiamo già trattato, ci poteva essere anche il sinistro ebbio.

pianta di ebbio  con sole foglie
foglie di Ebbio

L’ebbio è a tutti gli effetti un sambuco: il suo nome latino è Sambucus ebulus L. e appartiene alla stessa famiglia delle Caprifogliacee. Fiori, foglie e soprattutto frutti si possono confondere, tanto sono simili. Tuttavia l’ebbio è una pianta strana: non è legnosa come il sambuco. Solo il cespo lo è: i fusti dritti e robusti sono invece erbacei, crescono in pochi mesi, seccano e muoiono in autunno. Questa caratteristica ci permette di distinguere le due piante. Ed è assai importante farlo perché, se fiori e foglie di entrambe hanno un analogo impiego fitoterapico, le bacche del sambuco sono commestibili mentre quelle dell’ebbio sono tossiche. Se ingerite fresche, sono addirittura un veleno mortale da temere, come facevano gli antichi celti. L’ipotesi che l’ebbio rappresentasse il penultimo mese del calendario arboreo e che al sambuco fosse attribuito l’ultimo assume a questo punto un significato affasciante. È il bene che vince sul male, è la luce che sconfigge le tenebre, è il lieto fine che tutti noi ci aspettiamo.

fiore di ebbio simile al sambuco con piccolissimi fiori bianchi
fiore e foglie di ebbio

Altre tradizioni antiche

Da ritrovamenti nei siti archeologici di villaggi di palafitte presso Annecy, in Alta Savoia, il sambuco era conosciuto sin dall’Età del Rame. Si ipotizza che fosse utilizzato per bevande, alimenti e come erba tinctoria per le stoffe. La tradizione attribuisce al poeta greco Ibico l’invenzione di uno strumento musicale chiamato sambuca. In realtà, questa piccola arpa era di derivazione fenicia ed era realizzata in legno di sambuco.

Essendo tenero e facile da lavorare, esso era apprezzato per ricavare anche flauti o zufoli. I romani, invece, ne ricercavano le bacche per preparare una mistura con cui tingersi i capelli grigi. Fu consigliato come lassativo e diuretico da tutti i grandi studiosi del mondo greco-latino: Ippocrate, Teofrasto, Dioscoride, Plinio…

foglie di sambuco che spuntano dal terreno

Un piccolo ritratto del sambuco

Come già anticipato, il sambuco appartiene alla famiglia delle Caprifogliacee e la specie più interessante in fitoterapia è il Sambucus nigra L. Viene classificato come arbusto ma, se ha spazio e luce sufficienti, diventa un albero vero e proprio, alto sino a una decina di metri. Di solito presenta molti fusti che spuntano direttamente dal suolo. L’habitat ideale è costituito da terreni umidi, ricchi di azoto, presso boschi o nelle siepi.

La corteccia dei rami è bruna ma il midollo è bianco. Le foglie sono dentate e picciolate, composte da 5-7 foglioline. L’infiorescenza è a corimbo ombrelliforme, composta da numerosi fiorellini bianchi o tinta crema, che sbocciano tra giugno e agosto, dal profumo delicato. Le infruttescenze pendule hanno a loro volta molte bacche lucide, nero-violacee, che maturano tra agosto e settembre.

bacche e foglie su un prato

Le virtù medicinali dei fiori

Per quanto riguarda il sambuco, sono considerati droga medicinale sia i fiori, sia le foglie, sia le bacche. Secondo Jean Valnet, è una delle migliori piante antiinfiammatorie. I fiori contengono flavonoidi, il glucoside sambuconigrina, l’alcaloide sambucina, vitamina C, nitrato di potassio, mucillagine, acidi organici, resine e tannini. Sono utili per aumentare la sudorazione, come depurativo, come diuretico e per aumentare la produzione di latte materno. La tisana, che ha un ottimo sapore, è dunque consigliata a chi soffre di febbre, raffreddore, asma, bronchiti, problemi renali, cistiti, dermatosi e malattie esantematiche. Si prepara come un tè, ponendo una manciata di fiori in un litro d’acqua bollente. Si tiene in infusione per un quarto d’ora, si filtra, si dolcifica a piacere e si beve lungo la giornata, al posto di altre bevande.

infudo con il sambuco una caraffa di vetro con fiori e piante intorno

Le proprietà delle foglie 

Anche tra i principi attivi delle foglie troviamo sambuconigrina e vitamina C. Ci sono poi carotene e aldeide glicolica. Rappresentano un buon lassativo. Il decotto si prepara ponendo due cucchiai rasi di droga in mezzo litro d’acqua fredda. Si fa bollire per 5-10 minuti, si lascia riposare sotto coperchio per un’altra decina di minuti, prima di filtrare e dolcificare. Anche in questo caso, si beve come se fosse un tè. Interessante è pure l’uso esterno. Le foglie fresche tritate e applicate sulle scottature ne leniscono il bruciore. La polvere secca, invece, aiuta a frenare la perdita di sangue dal naso.

Le portentose bacche

I principi attivi delle bacche di sambuco sono: antociani, zuccheri, acidi organici, vitamine e tannini. Hanno proprietà lassative, antireumatiche e antinevralgiche. Se ne può assumere il succo da frutto fresco oppure si possono mangiare sotto forma di marmellata o prendere a cucchiaiate come sciroppo.

tintura con bacche di sambuco una boccetta in primo piano con una margherita bianca

Qualche curiosità in più

Le bacche di sambuco, opportunamente bollite, danno un bagno di colore per tingere la lana, con nuances grigio-bluastre piuttosto stabili nel tempo. Il legno serviva in passato per realizzare diversi oggetti d’uso personale o medico, come plessimetri o stetoscopi. Dai fiori freschi fermentati si ricava un vino dal sapore simile al moscato. Essi possono essere usati per aromatizzare l’aceto, rendendolo assai profumato, o per preparare dolci. Le foglie, infine, hanno uno spiccato potere insettifugo. In campagna, si piantano cespugli di sambuco a margine dei frutteti per tenere lontani cimici, bruchi di lepidotteri, cocciniglia e formiche. Forse non metterà in fuga le streghe, come ritenevano gli amici irlandesi, ma al suo cospetto i gorgoglioni se la daranno a gambe levate!

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Maura Maffei
Maura Maffei
Maura Maffei è da trent’anni autrice di romanzi storici ambientati in Irlanda, con 17 pubblicazioni all’attivo, in Italia e all’estero: è tra i pochi autori italiani a essere tradotti in gaelico d’Irlanda (“An Fealltóir”, Coisceim, Dublino, 1999). Ha vinto numerosi premi a livello nazionale e internazionale, tra i quali ci tiene a ricordare il primo premio assoluto al 56° Concorso Letterario Internazionale San Domenichino – Città di Massa, con il romanzo “La Sinfonia del Vento” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2017) e il primo premio Sezione Romanzo Storico al Rotary Bormio Contea2019, con il romanzo “Quel che abisso tace” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2019). È a sua volta attualmente membro della Giuria del Premio Letterario “Lorenzo Alessandri”. Il suo romanzo più recente è “Quel che onda divide” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza 2022) che, come il precedente “Quel che abisso tace”, narra ai lettori il dramma degli emigrati italiani nel Regno Unito, dopo la dichiarazione di Mussolini alla Gran Bretagna, e in particolare l’affondamento dell’Arandora Star, avvenuto il 2 luglio 1940, al largo delle coste irlandesi. In questa tragedia morirono da innocenti 446 nostri connazionali internati civili che, purtroppo, a distanza di più di ottant’anni, non sono ancora menzionati sui libri di storia. Ha frequentato il corso di Erboristeria presso la Facoltà di Farmacia di Urbino, conseguendo la massima votazione e la lode. È anche soprano lirico, con un diploma di compimento in Conservatorio. Ama dipingere, ha una vasta collezione di giochi di società e un’altrettanto vasta cineteca. È appassionata di vecchi film di Hollywood, quelli che si giravano tra gli Anni Trenta e gli Anni Sessanta del secolo scorso. Tra i registi di allora, adora Hawks, Leisen e Capra. Mette sempre la famiglia al primo posto, moglie di Paolo dal 1994 e madre di Maria Eloisa.