Tre Colori – La trilogia francese della solitudine e l’amore

Pochi nomi del cinema si distinguono dalla massa come Krzysztof Kieślowski, di cui persino il leggendario Stanley Kubrick affermava che “ogni regista vorrebbe fare film come Tre colori, se solo potesse”.

L’ammirazione per il maestro polacco viene anche dalla sua difficile infanzia in Polonia col padre sempre malato, un ambiente non proprio favorevole a una mente creativa; ma dove il regista ancora risiedeva nei suoi ultimi giorni verso la fine degli anni 90.

Con il suo stile essenziale, puro e genuino come documentari di strani esperimenti sociali, non disdegnava comunque una grande cura nell’estetica elegante e raffinata dove esplorare le emozioni, paure e desideri dei suoi mille personaggi.

Un’atmosfera che era sempre densa di una tensione narrativa latente, quasi come un ordigno bellico inesploso, in cui il regista affrontava i temi a lui piu’ cari come l’ineluttabile destino beffardo, il desiderio di libertà oltre gli standard limitati della societa’ moderna e la falsa equita’ della comune morale, intrecciando ad arte i significati di questi semplici assiomi con la gentile maestria con cui narrava le sue storie.

Dopo la sua prematura scomparsa ad appena 50 anni, il cinema contemporaneo ha perso una voce unica e insostituibile, anche se emergono ogni giorno nuovi talenti e si sviluppano nuove tecniche di regia sempre piu’ complesse; ma cio’ nonostante sembra esserci un vuoto, un’assenza di quella semplice e diretta ricchezza concettuale che Kieślowski era così abile a catturare.

Tuttavia, non dobbiamo vivere la sua assenza come un lutto senza fine (lui stesso probabilmente non avrebbe voluto) ma piuttosto come una sfida verso le nuove generazioni di aspiranti registi a trovare la loro voce e farla risuonare forte e chiara, cosi’ come Krzysztof Kieślowski ha fatto (forse al meglio di se’) nei suoi celebri film sui “Tre colori”.

La trilogia del sublime Pathos

Si parla spesso di “Pathos” quando un regista riesce a toccare le giuste corde con il giusto ritmo per trovare quel sound perfetto in cui fare riecheggiare la sua voce, ma forse anche così sarebbe un ridurre troppo semplicisticamente l’impatto dei “Tre colori” di Krzysztof Kieślowski sui cuori e le menti di ogni amante del cinema.

Tre colori che non vogliono solo simboleggiare cromaticamente le tonalità della bandiera francese, ma anche rendere omaggio ai tre concetti alla base della gloriosa rivoluzione: Libertà, Uguaglianza e Fratellanza.

Premesso ciò, Kieślowski dipinge non solo tre, ma mille colori differenti attraverso le tante sfumature ambigue dell’animo umano, tenendoci per mano mentre attraversiamo le piccole storie personali di questi pochi ma essenziali personaggi.

Tre voci che ognuno a modo loro cantano nella solitudine del bisogno e la ricerca di qualcosa che manca, un vuoto esistenziale che nessuno può riempire e un dolore che niente può curare.

Ma non pensate neanche per un momento che questi film siano un fiume di lacrime con scene over drammatiche e gente che si dispera graffiando i muri.

Anzi, uscendo dal tunnel della disperazione queste storie sono piene di ottimismo e romanticismo, senza negare l’ironia semplice della gente comune e anche qualche piccolo brivido di erotismo e avventura.

Perciò diamo un’occhiata uno per uno ai tre diamanti della corona cinematografica di questo regista, cercando di carpire l’essenza della sua filosofia che lega come un filo invisibile questo prezioso campionario di esemplari umani.

Tre colori – Film Blu (1993)

Tre colori - Film Blu (1993)

Il primo film è praticamente un assolo di bravura della superba Juliette Binoche, che vediamo distrutta fin dai primi istanti in un incidente d’auto dove perde tutta la famiglia.

Uscita illesa, la donna tiene duro e anzi non versa una lacrima, chiusa in guscio di impenetrabile solitudine, liberandosi di tutto ciò che gli ricorda il figlio e il marito.

Perciò si libera della casa, del conto corrente e perfino degli spartiti del marito, famoso compositore che di lì a poco avrebbe dovuto presiedere uno dei concerti più importanti d’Europa.

Una libertà sofferta, ma che le permette di ricominciare da zero, trasferendosi in un quartiere non esattamente elegante e tranquillo, frequentato da teppisti e prostitute che fanno casino fino a notte fonda e spesso si aggrediscono tra loro.

Eppure in quel degrado la donna ritrova lentamente sè stessa, riallaccia i rapporti con gli altri e perfino perdona l’amante di suo marito, accogliendo addirittura con felicità la notizia che aspetta un suo bambino.

Dei tre colori di Krzysztof Kieślowski, il blu è sicuramente il più austero e solitario, vivendo della strepitosa performance di una attrice come la Binoche, onnipresente in ogni singola scena di un dramma dove, paradossalmente, non vediamo mai quasi nulla di veramente drammatico.

Per questo quasi tutti gli altri personaggi si stupiscono quando la donna non reagisce come ci si aspetti al lutto: dalla cameriera che non la vede mai piangere, all’avvocato che non capisce perchè rinunciare alla casa e i soldi; così come infine all’amico, musicista e poi amante che sospetta sia lei la vera mente dietro al successo del marito.

Insomma un film sulla libertà totale, perchè “tutto è una trappola” come dice la Binoche, che rifiuta di essere chiusa negli stereotipi della vedova inconsolabile e affronta la perdita a modo suo, costi quel che costi.

Tre colori – Film Bianco (1994)

Tre colori - Film Bianco (1994)
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Molto diverso è il secondo episodio con protagonista l’umile barbiere Karol Karol, immigrato polacco che divorzia dalla bellissima moglie Dominique.

Nel giro di una sola sentenza, l’uomo resta senza casa e senza lavoro e senza soldi, perchè il suo conto viene chiuso e l’impiegato gli taglia la carta di credito davanti agli occhi.

Disperato, Karol ritorna al negozio che mandava avanti con la moglie, ma quest’ultima lo rifiuta una volta ancora e anzi appicca fuoco al locale per poi denunciarlo come colpevole.

Così ora l’uomo è anche ricercato dalla polizia, finchè mentre barboneggia alla stazione, fischiettando un motivo del suo paese natale, trova un inaspettato aiuto in un connazionale polacco, Mikolaj.

Mikolaj capisce al volo la sua situazione e gli offre un occasione di lavoro ben pagata quanto inconvenzionale: uccidere un uomo che non ha più nulla per cui vivere.

Così Karol torna clandestinamente in Polonia, alla bottega di suo fratello, dove nel frattempo cerca di rimettersi in piedi mentre studia un lungo e complicato piano per vendicarsi della sua amata/odiata Dominique.

Krzysztof Kieślowski ci trasporta da Parigi a Varsavia in una strana avventura dai toni ironici e quasi pulp in alcune situazioni criminali al limite dell’assurdo, per il più luminoso tra i tre colori della sua trilogia.

Assolutamente perfetto il quasi sconosciuto attore polacco Zbigniew Zamachowski, incarnazione della sfortuna e miseria umana che dovrà rinunciare ai suoi principi morali per essere finalmente uguale agli altri e soprattutto agli occhi della bellissima moglie.

Una donna strana che ama e odia, ricambiato da una interpretazione sensuale e contorta della bellissima Julie Delpy, indimenticabile protagonista della Trilogia Before, immortale inno all’amore a prima vista assieme al carismatico Ethan Hawke.

Insomma un inno all’uguaglianza che, paradossalmente, è proprio il film meno uguale al solito stile della filmografia di questo strano regista.

Tre colori – Film Rosso (1994)

Tre colori - Film Rosso (1994)

Ancora una volta, la protagonista di questa storia è l’esatto opposto del precedente e sfortunato misero barbiere: ovvero la deliziosa e giovanissima modella Valentine Dussaut.

Eppure, nonostante l’agio di una vita comoda e confortevole, anche lei non sfugge alla trappola della solitudine, affannando perennemente dietro un fidanzato che la prende in giro mentendole al telefono, trovando sempre ogni scusa per non stare con lei.

Ma tutto cambia quando un giorno Valentine investe un cane per strada, evento scatenante che la fa arrivare direttamente alla porta di Joseph Kern, un vecchietto in pensione che una volta era un celebre e rispettato giudice.

Anche lui è un uomo chiuso e solitario, ma la compagnia non gli manca mai: infatti, sfruttando alcune delle attrezzature di intercettazioni avute dalla polizia in passato, segue continuamente le molte vite dei suoi vicini di casa.

Inizialmente scandalizzata di quella vergognosa violazione delle vite private di questi sconosciuti, Valentine comunque tace il segreto e instaura uno strano rapporto di fiducia e complicità con il vecchio giudice.

Krzysztof Kieślowski chiude con garbo e stile la sua trilogia con il più ardente tra i tre colori per quello che forse è il miglior film, nonchè purtroppo anche l’ultimo, della sua grande carriera di regista.

Una storia costruita attorno ai lineamenti delicati, ma anche sensuali e provocanti, della giovanissima Irène Jacob; oggetto del desiderio per ogni uomo che incontra tranne che, paradossalmente, proprio il suo fidanzato; che sembra godere più a lasciarla sola e tormentarla al telefono, piuttosto che a stare davvero con lei.

Da questa mancanza nasce la relazione platonica con il vecchio giudice interpretato da un arcigno Jean-Louis Trintignant, anziano e saggio quanto è freddo e implacabile, senza timore del giudizio di nessuno ma che, ovviamente, nasconde anch’egli la sua misera tragedia di amore e vergogna mai dimenticata.

Non so onestamente dire quale ami di più tra questi capitoli dei Tre Colori di Krzysztof Kieślowski; se me lo chiedeste, ogni giorno potrei dare una risposta diversa. Perchè, come nelle opere d’arte migliori del mondo, metà del capolavoro sta nel nostro modo e umore quando lo ammiriamo, essendo imperfetti e capricciosi proprio come i protagonisti di queste storie favolose e indimenticabili. Spero vi sia piaciuta la mia lode a questo regista scomparso, e se in caso aveste voglia di altri consigli e suggerimenti cinematografici, visitate pure il mio sito personale:

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Fabio Emme
Fabio Emme
Amante del buon cinema, grande arte che ha sempre fatto parte della mia vita, plasmando il mio modo di essere e vedere il mondo negli anni e aiutandomi a formare la mia cultura. Da quando ho memoria ho sempre letto, scritto e parlato di film e spero vivamente con i miei articoli di aiutare altri a fare altrettanto. Hobby? ...Il cinema, naturalmente!