Roberta Di Lorenzo. “Nomade”, a piedi scalzi sul cammino delle sue origini.

Roberta Di Lorenzo, autrice del capolavoro “E tu lo chiami Dio”, presentato a Sanremo da Eugenio Finardi – dopo una serie di concerti che l’hanno vista protagonista sul palco come corista e musicista di Gianluca Grignani – pubblica in questi giorni il suo quarto album dal titolo “Nomade”.

Un viaggio che porta, a piedi scalzi, alle radici delle sue origini, tra il suono del vento e il sapore del sale, l’azzurro trasparente del mare e le cicatrici della sua amata terra natia. Un pregiato lavoro discografico impreziosito dall’intervento di Eugenio Bennato e Andy dei Bluevertigo, anticipato dall’emozionante videoclip “La mia terra”, dove la cantautrice molisana si muove, come sempre, tra profondità di pensiero, grazia e bellezza.

Quando ho ascoltato, a occhi chiusi, l’ultimo lavoro discografico della cantautrice Roberta di Lorenzo, ero sicuro avrei nuovamente incontrato, come nei suoi precedenti lavori, la cura dei dettagli che appartengono a una musicista del suo livello, la bellezza della sua voce e il suo ormai consolidato talento di grande autrice.

Una tra le più brave in Italia. Un talento capace, attraverso le sue canzoni, d’indagare gli abissi e le sfumature dell’animo umano

Alla fine del disco, oltre questi elementi e le immagini incantevoli evocate dalla sua scrittura, nel cuore e nella pancia, sono rimasti però anche tutti i graffi, gli antipodi contrapposti, le zone d’ombra delle sue storie. Racconti fatti di eteree parole e musiche che racchiudono però crude esperienze che sembrano marcate a fuoco sulla pelle. Colori e sapori di una terra complessa e ferita, ma pur sempre bellissima, come la Puglia.

Il primo pensiero è andato al filosofo Friedrich von Hardenberg.  A legare, per la mia sensibilità, il disco di Roberta al poeta romantico tedesco, sono stati una serie di fili invisibili che partivano innanzi tutto dal soprannome con cui lo scrittore è conosciuto dal grande pubblico. Novalis, dal latino “Terra nuova”.

Non solo il nome, ma i concetti di terre e viaggi, lega idealmente Novalis al nuovo lavoro di Roberta. Nel 1800, giovanissimo, scrisse un’opera considerata un capolavoro della letteratura romantica tedesca ed europea: “Enrico di Ofterdingen”. In un passo del libro il protagonista, alter ego dello scrittore, chiede a dei viandanti, quale sia la destinazione del loro pellegrinare.

Sempre verso casa”, la risposta. Tre innocue parole che aprono però complesse porte mentali – grandi come i Torii di legno e pietra dei santuari giapponesi – e ci riportano al viaggio di Roberta.

Il viaggio

La grandezza di Novalis è stata, in quell’opera, saper rappresentare il viaggio non solo come percorso terreno, ma più profondamente come destinazione spirituale della nostra vita. I viaggiatori di ogni tempo, da Ulisse a Marco Polo, da James Cook a Darwin, hanno dovuto convivere con l’eterno dubbio che muoversi verso il mistero, attraversare il mondo e l’esistenza, andare sempre più lontano, non portino inevitabilmente che a perdersi. E l’unico modo per ritrovare se stessi sia, in un punto della nostra esistenza, tornare “sempre verso casa”. Alla nostra personale Itaca.

In una recente intervista per la Gazzetta del Mezzogiorno, Roberta esprime proprio questo concetto: “Ho sentito Il bisogno di ritrovarmi, tornando a casa”.

Da qui il riferimento a Novalis. Ed è stato proprio questo ritrovarsi, riscoprirsi, tornare consapevolmente sui propri passi – con il bagaglio delle esperienze che la vita lascia in eredità – a regalarci il nuovo album della cantautrice di Termoli. Un album destinato a lasciare le sue impronte profonde nell’arido deserto dell’attuale discografia italiana.

Il suo ritorno a Itaca. E quanto è bella l’Itaca di Roberta di Lorenzo.

roberta di lorenzo - la copertina del nuovo album "nomade" che la ritra in piedi, vestita di nero, con una chitarra elettrica a tracolla

Masterclass: “Nomade”, tra grazia e bellezza

Nomade è un disco composto di dieci tracce inedite: La Mia Terra, Il nostro cappello, Piccola Stanza, Vento di Grecia, Bandiera, Porca miseria, Sud, Sacro e profano, L’idea, U’ sud, versione dialettale. 

Roberta commenta il suo nuovo lavoro con queste parole: “Nelle musiche e nelle storie di questo disco, ci sono i luoghi che ho vissuto. Canto del mare, dei sapori e dei colori di questa terra, baciata dalla bellezza ma anche ferita dalle sue contraddizioni. Che sono, in fondo, specchio delle mie”. “In questo disco metto a nudo me stessa, la mia ricerca interiore, il mio continuo viaggiare. Che, in qualche modo, ha sempre portato con sé i luoghi delle mie origini. Le mie radici: il Gargano”

Il tessuto sonoro è affidato a cordofoni, strumenti etnici, fisarmonica, flauto armeno, sassofono, che ricamano le strutture portanti di chitarre folk e basso. Le batterie sono discrete, a volte sostituite da più delicate percussioni, per lasciare sotto i riflettori i protagonisti assoluti: la voce di Roberta, l’incedere – a volte sanguigno, a volte riflessivo – delle melodie, e le profonde tematiche, in equilibrio tra poesia e linguaggio comune.

Etereo e suggestivo il videoclip che accompagna uno dei brani portanti: “La mia terra”. Già dal reef ricercato della chitarra nell’intro, il piglio cantautorale – che si rifà a Daniele e Bennato – è evidente.

Le parole si rincorrono tra poesia e notazioni di grande livello, come ci ha sempre abituati

“Tra storia e filosofia si apre il mondo / da dove vengo, dov’è che vado, qual è il mio posto / tre sassolini lanciati giù in fondo e il sentimento è profondo / Amore che sai di vento, respiri pure in fondo al mare / dall’Adriatico arriviamo, all’Adriatico dobbiamo tornare […] la mia terra è profonda come il mare, muta come la neve”.

Tutti prestigiosi e di grande esperienza i professionisti che hanno lavorato all’album. A partire dalla copertina: un’opera del pittore Cosimo Malorgio. Alex Loggia ha curato con Roberta gli arrangiamenti del disco. Troviamo Federico Ariano alla ritmica, Luca Mastrogiuseppe al Duduc, Lisbona ai cori, Bati Bertolio alla fisa. Ospiti d’onore Andy dei BlueVertigo, che ha suonato il sax nel brano Bandiera, mentre la versione dialettale di U’Sud, arrangiata da Erasmo Petringa, vede la direzione artistica della leggenda vivente Eugenio Bennato.

Ciliegina sulla torta di questo lavoro pregiato, le registrazioni, il mix e la masterizzazione affidate all’Only Music Studio del grande fonico Carlo Miori. Ingegnere del suono tra i più rinomati in Italia, in questo momento in tour con Tiziano Ferro. Il tocco di Carlo Miori è presente nelle produzioni di artisti quali Mina, Ornella Vanoni, Patty Pravo, Fiorella Mannoia, Renato Zero, Loredana Bertè, Roberto Vecchioni.

Solo per citarne alcuni e dare il giusto peso a questa produzione che ha poco a che vedere, per la bellezza dei contenuti autorali e la realizzazione tecnica, con la quasi totalità del materiale sonoro che radio e media tentano di propinarci abitualmente ogni giorno. Tentando di ingannarci- con slogan sulla mancanza di musica di qualità – sullo stato della musica d’autore, fiore all’occhiello della nostra tradizione. Che invece continua ad ardere e non solo sotto le ceneri della discografia.

un collage di immagini relative agli album della cantautrice

L’universo sonoro di Roberta Di Lorenzo

Nell’universo sonoro di Roberta Di Lorenzo è possibile percepire la scuola dei grandi cantautori: da De Andrè a Guccini, da De Gregori allo stesso Bennato. Con, in più, il tocco delle cantautrici d’oltreoceano: da Joni Mitchell a Janis Joplin. Perché Roberta, oltre che una grande autrice è un’ottima interprete e polistrumentista, con una grande esperienza di palco. Ha lavorato e duettato con molti artisti tra i quali Eugenio Finardi, Alberto Fortis, Antonella Ruggiero, Andrea Mirò e, per ultimo, come già citato, l’inimitabile Gianluca Grignani.

Nei suoi spettacoli è affascinante vederla passare con semplicità dalle ritmiche e arpeggi della sua chitarra acustica Taylor alle strutture complesse dei disegni di pianoforte di alcuni suoi brani. A volte distratti dalla sua bellezza, altre ammaliati dall’uso delle parole che in alcuni brani sono carezze e in altri pugni nello stomaco. Perché, anche nei suoi precedenti album, quest’artista non ha mai – e dico mai- inseguito facili cliché e consensi ma, controcorrente, si è sempre confrontata con temi difficili e distanti dalla cultura pop.

Come solo una grande cantautrice può fare. Sempre con il dono di quel tocco magico in grado di farti scrivere passaggi di scrittura eterni e farli sembrare semplici pensieri che ci sono sempre appartenuti.

“E tu lo chiami Dio / Io non do mai nomi / A cose più grandi di me/ Perché io non sono come te / Ma conosco l’amore / Io, che ho visto come te / Dritto in faccia il dolore”

Alcuni brani valgono come un intero repertorio di alcuni artisti. “E tu lo chiami Dio” è uno di questi.

roberta di lorenzo - un collage di immagini in bianco e enero e a colori della cantautrice

In questo nuovo album la scrittura di Roberta mantiene una levatura molto alta

U Sud” è il brano che racchiude molta dell’assenza totale di questo lavoro . Qui la sua scrittura è passata a un livello di consapevolezza e comunicazione ancora più grande, forse perché la poesia si alterna a frasi dirette, forse perché tutto quello di cui Roberta parla in questo disco ha il retrogusto della verità di chi ha amato e non si è arreso. L’uso del dialetto mette a fuoco tutta l’urgenza del messaggio del testo, mostrando carattere. Un ipnotico disegno di percussioni e chitarre viaggia in contrasto con il contrappunto elegante degli archi per regalarci un mix inusuale ma al tempo stesso ballabile e radiofonico. Vengono in mente le gonne lunghe de La notte della Taranta e le feste sotto le stelle.  Il punto centrale della canzone è intenso e introspettivo:

“Tale madre tale figlia / persino il tuo silenzio mi assomiglia / Tale Padre tale figlia / Persino la tua rabbia mi assomiglia”.

L’uscita del ritornello è di una bellezza struggente, sia musicale che testuale:

“Chi si assomiglia si piglia perché / Abbiamo dentro gli occhi l’acqua del mare / Voglio cantare / Il cuore sta là / Non si ferma più / Il cuore che batte è già al sud / Io voglio cantà / Il cuore sta là / Non si ferma più / Il cuore stà là / In bascio o’ sud”

La voce di Roberta è graffiante, toccante e al tempo stesso volutamente distante. Come se il dolore e la bellezza delle immagini evocate dalla canzone fosse raccontato da uno spettatore esterno alle emozioni. Come alcune voci narranti dei film.

“Nomade” è un disco importante, emozionale e complesso che svela ad ogni ascolto delle sfumature che possono essere sfuggite precedentemente. Perché profondo, complesso, pieno di esperienze, storie, cicatrici, amore per una terra che lascia indelebilmente scolpito nel dna le sue tracce.

Il cantautorato italiano di prestigio è in ottima salute. E “Nomade”, il nuovo album di Roberta Di Lorenzo, ne è una magnifica testimonianza

Grazie alla collaborazione con la Barley Arts di Claudio Trotta e quella con il suo storico collaboratore e produttore Francesco Venuto (manager di Eugenio Finardi, Alberto Fortis, Enrico RuggeriAndrea Mingardi, Massimo Bubola, Alice, Shel Shapiro, Marco Carena, Andrea Mirò) potrete trovare Roberta Di Lorenzo ospite in moltissime manifestazioni italiane.

Potete seguirla, e tenervi aggiornati sugli appuntamenti, sui canali ufficiali dell’artista.

Una buona estate a tutti. Sotto il segno della musica di qualità.

Potete seguire Roberta Di Lorenzo su Facebook, Instagram, sul sito ufficiale, sul canale YouTube e sul sito ufficiale di Barley Arts.

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Gae Capitano
Gae Capitanohttps://gaecapitano.it/
Paroliere, compositore, arrangiatore e musicista italiano. Disco d’Oro – Disco di Platino – Finalista Premio Tenco – Vincitore Premio Lunezia Autori- Vincitore Premio Panchina, Resto del Carlino – Vincitore Premio Huco- Finalista Premio De Andrè – Valutazione Ottimo Mogol e Docenti Centro Europeo di Toscolano